VENEZIA 76 - ORIZZONTI
C'era una volta il cinema italiano in
Orizzonti. Parafrasando il titolo dell'ultimo film di Tarantino si potrebbe commentare in questo modo la riduzione, da sei a tre titoli, della presenza di pellicole italiane in Orizzonti, la sezione pił innovativa e sperimentale del Festival. Metą dei film di questa sezione sono diretti da donne (e donna e italiana é anche la Presidentessa della Giuria Susanna Nicchiarelli) e mostrano la condizione femminile nelle varie societą del mondo, come lo spagnolo "Madre" di Rodrigo Sorogoyen e l'indiano "Shadow of Water" di Sasidharan Sanal Kumar: un segno di cambiamento nelle nuove generazioni di cineasti.
Tra i film italiani, due lungometraggi che, in qualitą di Opere Prime, concorrono anche al Leone del Futuro: "
Nevia" di
Nunzia De Stefano con Virginia Apicella, prodotto dall'ex-marito Matteo Garrone e ambientato a Napoli con forti richiami autobiografici, "
Sole" di
Carlo Sironi con Sandra Drzymalska, "esordio di assoluto rilievo, un film -come ha dichiarato Barbera- conteso tra diversi festival" e il cortometraggio "Supereroi senza superpoteri" di Beatrice Baldacci.
"Le scelte - secondo il Direttore artistico, invitato nel corso della conferenza stampa, a riflettere sul cinema italiano a Venezia - non si fanno in base ai criteri, teorici ed astratti, le scelte si fanno dopo aver visto i film sulla base di criteri di valutazione estetica e sulla qualitą del prodotto. "
Vivere" di
Francesca Archibugi e "
Tutto il mio folle amore" di
Gabriele Salvatores sono due ottimi prodotti destinati al grande pubblico: per questo li presentiamo. I tre film che abbiamo messo in concorso sono film che hanno, in qualche modo, ambizioni pił alte, sono sfide un po' pił radicali. Lo é sicuramente quella di Pietro Marcello, che ha realizzato il film pił complesso e ambizioso, sino ad oggi, con la capacitą di affrontare un classico della letteratura, di reinventarlo utilizzando in maniera creativa il materiale d'archivio e lavorando su un grandissimo attore come Luca Marinelli. Lo é Martone perché non si accontenta di fare le riprese al suo spettacolo teatrale, ma reinventa un testo classico facendo cinema, cinema al cento per cento, non č un cinema teatrale, ma cinema. Lo é Maresco perché proseguendo questo suo lavoro di ricerca antropologico sulla societą siciliana si spinge pił in lą, verso il pedale del grottesco e del cinismo che lo ha sempre caratterizzato".
26/07/2019, 15:37
Alessandra Alfonsi