Note di regia di "Minör"
Il documentario Minör ruota attorno al mondo del lavoro, tema ampiamente indagato nel cinema di finzione e del reale, ma che oggi più che mai necessita di uno sguardo attento di fronte alle condizioni precarie in cui viviamo e ai cambiamenti sociali che ci coinvolgono, non consentendoci più di restare legati allo stesso mestiere e allo stesso luogo per tutta la vita come accadeva in passato.
Il tema del lavoro per gli autori assume il ruolo non solo di oggetto del documentario, ma piuttosto di un punto di vista da cui costruire e articolare la narrazione. I minatori di Frontale, piccolo paese dell’alta Valtellina, hanno una contagiosa passione nei confronti della loro singolare professione e delle loro radici, e hanno spinto i registi fin da subito a costruire un film che mettesse in risalto le peculiarità di questa comunità tanto piccola quanto fortemente unita e connotata da un destino comune, il lavoro in galleria. Luli, Gino e Mario sono alcuni dei personaggi attorno a cui ruota la struttura del film. Le interviste scandiscono il ritmo del documentario e intervallano racconti intimi e profondi, segnati dai sacrifici e dalle disgrazie legate al mestiere, a momenti più ironici, a tratti più amari ma a tratti liberatori.
La narrazione è arricchita da numerosi materiali d’archivio, dai canti tradizionali, alle fotografie d’epoca e i filmati appartenenti ai personaggi stessi, che ci regalano lo spaccato inedito di una realtà che si confronta e si contrappone a quella presente.
Se da una parte possiamo interpretare Minör come un lavoro che scava in profondità nella memoria e nei ricordi, allo stesso tempo il documentario ci porta fisicamente nella profondità della galleria. Questo lavoro è infatti testimonianza preziosa e rara di una delle ultime miniere di quarzite ancora attive in Italia.
Il documentario rompe con gli stereotipi radicati attorno alla figura del minatore e ci restituisce un racconto di grande dignità personale. Il punto di vista dei “minör” ci consente di osservare come spesso dietro ai mestieri considerati “degli ultimi” si nasconda un senso raro di appartenenza alla propria comunità: la volontà di trasporre sugli schermi quelle difficoltà del quotidiano e quelle motivazioni che spingono alla costruzione di un legame speciale tra le persone, e con i luoghi, è l’obiettivo inseguito – e raggiunto – dai registi durante tutte le fasi d’ideazione e di costruzione del film.
Matteo Bontempi,
Giacomo Mantovani,
Andrea Panni e
Pietro Repisti