Note di regia di "Nessun Nome nei Titoli di Coda"
C’è un momento, durante i funerali di Fellini, che è in qualche modo la chiave del film. Mentre monta la commozione negli occhi dei presenti (da Gassman alla Vitti ci sono tutti) la regia si sofferma qualche istante su un gruppo di uomini di mezza età, una decina circa. Il commentatore (Paolo Frajese) emozionato ce li racconta: ‘Questi che vedete sono gli artigiani che hanno fatto il cinema, volti a me e a voi sconosciuti ma che a ognuno Fellini aveva dato un soprannome affettuoso’.
Al centro del gruppo, commosso, c’è il nostro protagonista, Antonio Spoletini.
Antonio oggi, a 82 anni, non smette di fare il suo lavoro con passione, ‘le facce giuste’ che lui trova non hanno nemmeno un nome nei titoli di coda, ma lui s’incazza se qualcuno le chiama comparse ‘sono le mie attrici e i miei attori’.
Poterlo seguire nel suo lavoro è un privilegio, un continuo di inconsapevoli segreti sull’architettura di un film. Nelle sue iconiche telefonate di lavoro come conigli sbucano all’improvviso i nomi di Cleopatra e di Orson Welles insieme a quelli del cinema di genere. ‘Faccio prima a dì con chi non ho lavorato!’
Si muove dentro Cinecittà come a casa sua. Ha fatto un pezzo di strada con tutti, che sia lo scenografo Premio Oscar Dante Ferretti, o il suo ex figurante (ormai star) Marcello Fonte. Vive gli studi lavorativamente dal ’51 e li frequenta senza più dare peso a tante cose, ma c’è ancora un luogo dove le emozioni lo tradiscono: il Teatro 5.
In Nessun nome nei titoli di coda il rapporto di Antonio con ‘Federico’ emerge anche in una storia nella storia, un filo drammaturgico che salda l’azione del presente e i materiali di repertorio: Antonio cerca una copia in pellicola di un film a cui ha lavorato e cui è profondamente legato: Roma, proprio di Fellini.
E questa ricerca diventa l’anima del film. Perchè incornicia il personaggio nel momento della vita in cui si tirano le somme, in cui si acuisce una sensibilità e le cose acquisiscono un senso maggiore. E grazie a questa nuova fragilità vengono a galla le cose più intime che sono le emozioni più universali.
Stratificato nel corso di oltre un anno, seguendo il protagonista con una piccolissima troupe e anche in solitudine, Nessun nome nei titoli di coda è un documentario narrativo che prova a raccontare con il cinema un uomo e con l’uomo un cinema meno conosciuto; grazie alle sfumature di Antonio forse è una storia che entra dalla porta di servizio ed esce dal camerino degli artisti.
Simone Amendola