Note di regia di "Matera. Madre Nascosta"
Ho scoperto Matera poco più che ventenne ed è stato amore a prima vista. Lavoravo come assistente sul set di un documentario il cui soggetto richiedeva di ritrarre alcuni esempi dell’equilibrio tra uomo e natura nell’architettura italiana. Matera era sembrata un buon esempio al regista.
Eravamo già in Basilicata, diretti appunto verso la città che aveva ispirato Levi e Pasolini. Quel giorno ero molto stanco, così lasciai la guida del nostro mezzo, che di solito mi competeva, al direttore della fotografia. Mi addormentai di sasso per risvegliarmi in un luogo magico, che mi fece immediatamente visualizzare la parola “altrove”. I miei compagni di viaggio erano scesi per chiedere indicazioni. Ero solo, nel silenzio lunare di un luogo candido e deserto.
La mia prima impressione, forse aiutata da una condizione ancora semi-onirica, fu quella di un pianeta alieno. Mi colpì la luminosità delle case e delle strade nel cuore della notte. Quella pietra bianca che all’inizio degli anni ’90 era ancora quasi interamente abbandonata, mi ricordò subito il medio-oriente, o per lo meno l’idea che mi ero fatta di esso. All’epoca non l’avevo ancora visitato e non sapevo che l’avrei percorso in lungo e in largo. In ogni caso capii immediatamente la scelta del regista friulano, che del resto mi aveva pienamente convinto col suo capolavoro.
Il giorno dopo la luce del sole mi fece scoprire un’altra città: calda, luminosa, più terrena e forse un po’ meno misteriosa finché non ti spingevi all’interno delle grotte.
Negli anni sono tornato a Matera molte volte e l’ho scoperta sempre diversa. In questo documentario ho cercato di raccontare la relazione tutta speciale tra Matera e i suoi abitanti. Una relazione quasi amorosa. Come tutti i legami sentimentali è fatto di gioie e di dolori, di presente e di passato.
Come dice il sindaco De Ruggieri è il valore di un’esistenzialità geologica.
Questo è Matera.
Alessandro Soetje