Note di regia di "Il Ponte della Vergogna"
L'opera cinematografica può essere letta ed interpretata come un vivo esperimento immaginifico se una realtà di un certo tipo non viene presa troppo in considerazione. Come una fiaba o un sogno. Attraverso quest'opera non intendo perdermi in un affare politico o commentare una serie di ipotesi o spingermi ad insegnare qualcosa. Il film rispecchia la mia natura intima e rappresenta una dimensione in cui la gente, se lo desidera, può entrare. Lo spunto narrativo mette in luce componenti diversificati che fanno gioco di squadra. Mi spiego meglio: l'elemento che si perde nella fiction può trovare respiro in un episodio raccontato attraverso uno stile fumettistico, le parole del documentario trovano una fusione interessante con il linguaggio della video arte. La grafica fa il resto, accompagnata da una musica che profuma di senso elettronico. In definitiva, una libertà di espressione a dosi equilibrate, senza conflitti e lotte verso una prevaricazione. Avere fiducia in se stessi cercando di non oltrepassare una specie di frontiera morale. Così facendo le fantasie arrivano e si agganciano l'una all'altra. La storia nasce, prende forma e si sviluppa. Risulta vero, i miei film non di rado aprono alla violenza e alla provocazione ma è il compito di ogni forma d'arte: generare qualcosa.
Fabio Giovinazzo