TORNARE - Quando è la memoria a guastare la vita
Un film piccolo, una villa una donna, i ricordi e la speranza di capire perché le cose cambiano. Cristina Comencini cerca di comprendere cos’è che rende la vita della sua protagonista di una tristezza apocalittica. L’infanzia, l’adolescenza sono veramente un incubo nel quale il papà, al suo ritorno, saluta prima il cane e poi, distrattamente, la figlia, dove ballare col giradischi nella propria stanza da letto è una fine e non l’inizio della vita nel mondo e dove i suoi momenti divertenti, come una festa con gli amici, vengono tradotti in “una ragazza che si vuole divertire”, nell’accezione di ragazza facile e poco di buono.
La vita della protagonista è stata davvero così brutta e piena di disagio o sono solo i ricordi a renderla tale. Oppure, ignorare la bellezza della propria infanzia e adolescenza lasciando spazio esclusivamente ai brutti ricordi è un modo per giustificare i propri fallimenti da adulta. Un rapporto non voluto, un figlio a vent’anni, una maturità vissuta in solitudine e un declino fisico che
Giovanna Mezzogiorno riesce a mettere in scena nel migliore dei modi, come
De Niro in Toro Scatenato o
Christian Bale in American Hustle.
E tutto cupo, è tutto grigio, è tutto inutile. La maturità sembra non portare alla consapevolezza ma nemmeno comprensione e la protagonista, insieme alle sue due io del passato, finisce per rifiutare tutto, accettando se stessa come unica soluzione senza mettersi in dubbio ma addossando le colpe a chiunque passi nei paraggi.
E l’intero cast risente di questa cupezza, aperta dal funerale iniziale, che porta a una sottrazione eccessiva poco adatta a una recitazione che vuole apparire naturalistica su un testo distante miglia dall’essere realistico e naturale. A parte la protagonista diciottenne (
Beatrice Grannò), gli altri personaggi camminano su strade a senso unico, con espressività e condizione emotiva invariate dall'inizio alla fine.
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Tornare" è un film davvero pesante, un punto di vista dell’esistenza drammatico che però ha il pregio di riuscire a mostrare quanto agiatezza economica e classe sociale elevata non siano affatto sinonimo non solo di felicità ma anche di intelligenza o talento.
01/05/2020, 10:00
Stefano Amadio