FIGARI FILM FEST 10 - Intervista a Giorgio Pasotti
Premiato al
Figari Film Fest - Olbia Film Network per la sua opera seconda, "Abbi Fede",
Giorgio Pasotti è in Sardegna per presentare il suo film al pubblico.
"Abbi Fede" a causa del Covid-19 è uscito direttamente su RaiPlay: che effetto ti ha fatto vederlo su grande schermo?
L'ho visto qui ad Olbia per la prima volta con il pubblico, mentre su grande schermo - ma in privato - mi era già capitato: ne parlavo a fine proiezione con il produttore, sembrava un altro film! Se viene condiviso con il pubblico, un film si trasforma, c'è maggiore empatia e sembra anche più divertente... tutto viene enfatizzato.
Vero però che andare su RaiPlay mi ha permesso di arrivare a più spettatori, hanno visto il film un sacco di persone che mai avrei pensato di raggiungere altrimenti. Diciamo che le cose in questo senso si sono equiparate.
Da regista che tipo di cinema ti piace fare?
Ho sempre cercato di partecipare a film che come spettatore sarei andato a vedere. Non mi manca il coraggio, c'è bisogno di cambiare il cinema che si fa in Italia, serve osare, andare oltre.
Anche per questo cerco di realizzare i miei film attraverso un linguaggio che non è italiano, in questo mi ha aiutato che fosse il remake di un film danese ("Le mele di Adamo"): la commedia nera grottesca in Italia praticamente non esiste.
Oggi con le piattaforme si vede un po' di tutto, il pubblico secondo me è pronto per cose diverse. Una volta mentre giravamo "Le rose del deserto" Monicelli mi disse, parlando di me e di quelli della mia generazione (Favino, Accorsi, Santamaria...), che ci prendevamo troppo sul serio ("Non ridete mai!"): io dico, recuperiamo la leggerezza, viviamo questo lavoro come un serio divertimento, osiamo di più!
Il personaggio che interpreti nel film è decisamente particolare.
Tutti i personaggi del film sono molto estremi, gli attori dovevano "reggerli" ed essere credibili, e ciò è stato possibile solo attraverso la chiave della follia. E il "mio" prete - che non dovevo interpretare io, inizialmente - è il più folle dei folli! Lo abbiamo vestito anche un po' come un giovane Fuhrer...
Hai curato moltissimo l'aspetto estetico del tuo film.
Vero, ho fatto il Liceo artistico e sono un grande appassionato di pittura (specie di quella rinascimentale e fiamminga). Quando posso, faccio riferimento a quel tipo di immagine: in alcune scene del film mi sono rifatto a Caravaggio (Adamo viene illuminato come in "San Matteo e l'Angelo" nella scena con lui e la foto del Duce: segno che sta per succedergli qualcosa di mistico, di ultraterreno...).
Influisce su questo anche la mia passione per il cinema scandinavo: da Bergman ad oggi guardo sempre cosa fanno... per trasformarlo in qualcosa di privato, ovviamente.
Lavorando con tanti registi diversi nella mia carriera, poi, involontariamente "ho preso" qualcosa: non sono mai stato "solo" un attore, se sei attento sul set puoi imparare molto, e io sono un tipo curioso di base. Mi interesso a tutto.
Che tipo di spettatore sei?
Sono molto curioso, come dicevo, non ho generi preferiti. Mi piace il cinema intelligente, quello che esprime un concetto. Mi spingo anche in cinematografie meno note, dalla Corea (anche prima di "Parasite"...) al Giappone, ma anche quella russa: pensa a un film come "Ivan il terribile" e alla sua fotografia, ci sarebbe da guardarlo e riguardarlo per capirne l'importanza in un film!
Certo, mi capita di vedere anche qualche schifezza, ma quando trovo qualcosa di bello mi segno tutto!
Nel prossimo futuro, televisione e cinema.
Sono sul set a Napoli di "Mina Settembre", una fiction di Rai1 con Serena Rossi, tratta dal romanzo omonimo, una storia molto attuale in cui interpreto suo marito, un magistrato.
A inizio 2021 spero proprio di poter iniziare i lavori del mio terzo film da regista: sarà un altro remake, questa volta di un film spagnolo, "El Metodo", del 2005, ispirato dal dramma teatrale del catalano Jordi Galceran, che ho incrociato un po' casualmente.
Sarà un film sul mondo del lavoro, molto duro, cinico e feroce, che spiega bene l'approccio che ormai hanno molte persone con il lavoro, che post-Covid sarà ancora peggio: nella "lotta" per un impiego non ci sarà pietà.
Dirigere una serie tv? Mi piacerebbe ma sono molto complesse da scrivere, ora non sono pronto. Ne ho viste di pazzesche durante la quarantena, ammetto che prima del Covid non ne avevo mai vista una!
Mi piacerebbe anche romanzare parte della mia vita: a 19 anni sono andato in Cina perché volevo fare il medico sportivo. La storia di formazione di un giovane che parte per l'ignoto credo possa essere interessante e utile per i giovani d'oggi. Serve tagliare il cordone ombelicale, fare un salto verso l'ignoto... la vita ti premia!
19/09/2020, 16:30
Carlo Griseri