Note di regia di Io Ti Cercheò"
Ciò che colpisce di Io ti cercherò non è solamente il filo giallo che caratterizza la trama, ma anche e soprattutto il percorso umano del protagonista. Il pezzo di strada e di vita che lo aveva portato fino a dove questa storia comincia.
L’attenzione si concentra su questo percorso umano, sulla storia personale. Un racconto che si dipana in una Roma periferica: è qui che troviamo i personaggi, le loro case, il loro quotidiano. L’intento è quello di dare forma a una Roma che fa da sfondo a questa storia. I personaggi sono caratterizzati dall’ambiente dove vivono. Gli spazi che frequentano, vuoti o pieni che siano, le piazze, le strade, ne rispecchiano l’anima. Valerio, il fratello e la famiglia sono cresciuti nel quartiere Preneste, nei dintorni della tangenziale, in quel dedalo di vie, di svincoli e di incroci che lo caratterizza, tra lo sferragliare dei tram che tornano al deposito e il traffico congestionato. In una città che ha ancora un sapore anni ’70. Ettore, il figlio di Valerio, vive al Pigneto, tra i murales che ricordano Pasolini e i centri sociali pieni di studenti. È una Roma marginale ma non priva di fascino. A fianco di questa, c’è una città che mette insieme, nel giro di pochi chilometri, i Parioli, con i suoi club di tennis, le piazze di spaccio di Ostia, le cupole del centro storico, il mare di Anzio, le cave di Travertino di Tivoli. Una città che si svela dalle periferie al centro, facendo da palcoscenico e da sfondo allo scorrere delle vite dei nostri personaggi.
Si torna indietro alla festa di capodanno del 2004, sedici anni prima, Valerio lavora in polizia, è felice e realizzato, con una bella moglie che lo ama, e un figlio piccolo, Ettore, che adora. Un fratello con cui ha un rapporto fortissimo e dei colleghi legati da un’intima amicizia. Un quadro perfetto. Una vita semplice e serena. Ma quando lo ritroviamo sedici anni dopo tutto è cambiato, sembra andato tutto storto, niente di quello che si aspettava dalla vita si è realizzato, niente di quello che sognava o a cui ambiva si è verificato, anzi… e allora cosa è successo, dov’è che le cose hanno cominciato a franare? In quale piega della vita? C’è stato un bivio preciso o tutto è successo lentamente, inavvertitamente, inesorabilmente?
La memoria porta indietro Valerio ad alcuni di quei bivi, di quelle svolte e Valerio si accorge di avere sbagliato, di essere stato lui e non il caso a spingerlo nella direzione errata, ripensa a suo figlio a quanto ha desiderato averlo vicino a sé dopo la separazione dalla moglie e di quando poi lo ha allontanato da sé.
Il racconto indaga soprattutto quelle pieghe, ripercorre quelle svolte.
Le sue domande, i suoi rimpianti, i suoi errori sono quelli di molti di noi, così come quegli appuntamenti mancati o quei treni persi. Questa è una parte fondamentale della storia. Alessandro Gassmann regala un’interpretazione sempre vera, credibile, intensa e toccante, che non cade mai nel lacrimevole o nell'estremizzazione di certi comportamenti. Si è puntato ad un racconto che fosse quasi documentario, lasciando allo spettatore la sensazione di avere assistito alle riprese di una telecamera nascosta che seguiva il protagonista ventiquattro ore al giorno.
Già nella fase di selezione del cast, con il supporto di Annamaria Sambucco, ci si è concentrati su attori che fisicamente fossero perfettamente aderenti ai ruoli che avrebbero interpretato. Che fossero “normali”, in un certo senso “qualunque”, e che sapessero restituire l’estrema veridicità dei personaggi.
In fase di ripresa si è prestata attenzione al fatto che la fotografia non fosse laccata, con movimenti di macchina che potessero risultare finti in favore di una fotografia più sporca, con un tono di reportage, con la macchina da presa sempre a mano e sempre addosso ai personaggi. Il risultato è quello di un racconto moderno e realistico, visualizzato attraverso inquadrature ricercate che riescono a trasmettere una sensazione di grande verità ma anche di ricercatezza ed eleganza.
Gianluca Maria Tavarelli