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CINEMAMBIENTE 23 - Il programma di sabato 3


CINEMAMBIENTE 23 - Il programma di sabato 3
Molto fitta l’agenda della terza giornata del Festival Cinemambiente, dove le proiezioni al Cinema Massimo si aprono nel pomeriggio con uno spazio dedicato ai più piccoli. Appuntamento espressamente dedicato alle famiglie, la sezione “Ecokids” (ore 16, Sala Cabiria) presenta dodici cortometraggi, nella quasi totalità di animazione e tutti senza dialoghi, adatti anche ai bambini più piccoli, dai 3 anni in su.
In Entre Baldosas (Cracks in the Pavement), dell’argentino Nicolas Conte, un fiore bellissimo e sfortunato, finito ad attecchire nell’asfalto di una città pericolosa, sporca e inquinata, trova un amico esperto che lo protegge: il vicino bidone della spazzatura. Il cortometraggio Embríon (Embryo), del colombiano Pablo Guterrez, segue la creazione in stop motion di un pupazzo-uccello ripercorrendone le fasi di sviluppo dallo stato embrionale fino alla nascita e al primo contatto con il mondo. È un cortometraggio in stop motion anche The Children of Lir, dell’inglese Samantha Allen, che modella la leggenda della mitologia irlandese del titolo sull’emergenza dell’inquinamento da plastica.
The Beauty, del tedesco Pascal Schelbli, affronta lo stesso tema immaginando un oceano popolato di affascinanti e bizzarre creature di plastica. Unico cortometraggio dal vero della sezione, il rumeno The Christmas Tree that Became a Carrot, di Puha Adrian, insegna come godersi il Natale senza tagliare un albero, ma usando invece decorazioni vegetali che poi si possono compostare. The Flat, del moldavo Lev Volshin, racconta il viaggio della spazzatura sul Pianeta, lasciando aperta la questione cruciale della sua destinazione finale. Lo spagnolo Eden, di Rodrigo Canet e Eva Urbano, vede una coniglietta di peluche apprestarsi a un picnic in campagna, immersa nella paradisiaca pace della natura, impresa che si rivelerà tutt’altro che semplice. Ha un’ambientazione rurale anche Windbreak, dell’ungherese Ágnes Győrfi, in cui le esperienze di una bambina nella casa in campagna dei nonni si trasformano in una profonda connessione con la natura. In La Chimai y la tormenta (The Chimai and the Storm), dell’argentino David Bisbano, un’anziana guaritrice cura un grande albero abbattuto da una terribile tempesta, facendo una scoperta del tutto inaspettata. La Sieste (The Nap), della francese Catherine Ricoul, vede protagonista un “topo da giardino”, dedito alla coltivazione delle piante, ma anche ai pisolini... Bowl, Paper, Fish, dell’iraniano Amirshahab Mahdizadeh, è ambientato su una spiaggia dove un ragazzino vende con successo pesci rossi imprigionati in sacchetti di plastica, mentre una ragazzina non fa affari con i suoi disegni che li ritraggono liberi nel mare. Nel messicano Cascarita, di Jimena Barrera, un giocattolo a carica trova una brillante soluzione per aiutare i suoi amici a batteria a uscire dalla dipendenza delle energie non rinnovabili.

Sempre nel pomeriggio si rientra nel vivo del dibattito ambientale e del problema della tutela delle risorse comuni con Lords of Water (ore 16.15, Sala Rondolino), diretto dal francese Jérôme Fritel. A fronte delle previsioni secondo cui entro il 2050 un quarto della popolazione mondiale vivrà in un Paese afflitto da scarsità idrica, stanno maturando le condizioni ideali per un nuovo, lucroso mercato. Girato in America, Europa e Australia, il film indaga la “finanzializzazione” dell’acqua, la corsa all’oro blu che sta già mobilitando molti “cercatori” – grandi banche, fondi speculativi e fondi di investimento –, che stabilirà nuove relazioni di potere e che darà il via a una battaglia destinata a combattersi non solo sul fronte economico, ma anche su quello ideologico, politico, ambientale.
Il film sarà preceduto dal cortometraggio A letto con la cena, di Silvia Pesce, reportage sul progetto “Food Pride trasporta la solidarietà”, con cui a Torino, durante l’emergenza Covid-19, associazioni, donatori, volontari si sono uniti per aiutare con pasti caldi e pacchi alimentari ottomila famiglie in difficoltà. La proiezione sarà seguita da un incontro con Giulia Farfoglia e Chiara Fiore, dell’Associazione Eufemia.

Ancora nel pomeriggio, tornano in scena i cambiamenti climatici, tema centrale di quest’edizione del Festival. Once You Know (ore 16.30, Sala Soldati e online), lungometraggio del regista franco-statunitense Emmanuel Cappellin, è un’esplorazione intima e personale di una condizione esistenziale segnata dalla consapevolezza della verità sui cambiamenti climatici e sul loro impatto nel futuro. Interpellati cinque dei massimi esperti mondiali di clima ed energia, l’autore si domanda come sia possibile continuare la nostra vita di sempre una volta saputo quello che ci attende, trovando una via di uscita in forme possibili di resilienza individuale e collettiva.

Tra le iniziative collaterali del Festival, sempre nel pomeriggio (dalle 16 alle 18), Xké? Il laboratorio della curiosità (in via Gaudenzio Ferrari 1) ospiterà l’installazione temporanea Ri/Uso a catena. Realizzata durante lo scorso anno scolastico da 70 bambini di due scuole elementari e di alcuni gruppi estivi, l’installazione è costituita da 40 cassette di recupero e 800 pezzi di scarti industriali che mettono in moto una grande “chain reaction” a cui si restituirà poi una terza vita, rimettendo, dopo lo smontaggio, i vari componenti nel ciclo del riuso. Finalizzato al reimpiego di scarti di lavorazione, il progetto è stato ideato dall’Associazione OffGrid, MAcA – Museo A come Ambiente, Xkè? Il laboratorio della curiosità con il coinvolgimento della Città di Torino - Iter attraverso il centro di riuso creativo Remida di via Modena e la collaborazione dell’Associazione Asai.

Nel secondo pomeriggio il Festival si sofferma su un altro tema ricorrente in quest’edizione, quello del land grabbing, con una storia sudamericana raccontata dal film Máxima (ore 17.30, Sala Cabiria), diretto dalla regista peruviana Claudia Sparrow e presentato in collaborazione con Amnesty International. Il lungometraggio porta sullo schermo la vicenda di Máxima Acuña, contadina del Nord del Perù, che da anni si batte contro la più grande compagnia mondiale d’estrazione dell’oro, la Newmont Mining Corporation, opponendosi all’espropriazione dei terreni della sua famiglia e ostacolando il miliardario progetto di espansione della multinazionale, destinato a distruggere l’ecosistema della zona. La storia della “campesina” andina – insignita nel 2016 del Goldman Environmental Prize – e della sua strenua resistenza a violenze, minacce, intimidazioni, diventa nel film anche l’occasione per indagare i meccanismi di un sistema che per proteggere i propri interessi non esita né di fronte alla violazione dei diritti umani, né di fronte al crimine ambientale. La proiezione sarà seguita da un incontro con Paola Ramello, del coordinamento America Latina di Amnesty International Italia, e, in collegamento online, con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, la regista Claudia Sparrow e Pablo Ricardo Abdó, avvocato per i diritti umani di Grufides/EarthRights International (Perù).

Sempre nel secondo pomeriggio, il tema dell’abuso delle risorse comuni si affaccia anche con il film Gianni Berengo Gardin’s Tale of Two Cities (ore 18, Sala Rondolino). Diretto dalla regista e storica dell’arte statunitense Donna Serbe-Davis, il lungometraggio rende omaggio a uno dei più noti fotografi italiani viventi, sottolineando soprattutto l’impegno civile che è stato uno dei tratti distintivi della sua lunga carriera. Nell’esplorare i rapporti di Berengo Gardin con la “sua” Venezia, il film si sofferma in specifico sul reportage dedicato dal fotografo, oggi novantenne, al passaggio delle grandi navi da crociera nel canale della Giudecca e davanti a San Marco: una denuncia per immagini che si è saldata con le proteste ambientaliste e che, negli ultimi anni, ha portato anche all’attenzione internazionale il problema dell’impatto dei giganti d’acciaio sui fragili equilibri della città lagunare. La proiezione sarà seguita da un incontro online con la regista Donna Serbe-Davis.

Dello sfruttamento delle risorse della terra e, soprattutto, di chi ci lavora, parla Inferru (ore 19, Sala Soldati), l’ultimo film di Daniele Atzeni. Realizzato esclusivamente con immagini di repertorio e home movies girati nei poli minerari del Sulcis-Iglesiente, il mediometraggio ci riporta alla Sardegna della metà del Novecento. Un anziano minatore, travolto da una frana mentre sta minando una galleria, sospeso nel vuoto temporale tra la vita e la morte imminente, racconta in un denso monologo il mondo di Inferru in cui ha speso la sua esistenza: un viaggio nelle memorie del sottosuolo dove, tra miseria sempre incombente, persistenti crisi economiche, condizioni di lavoro durissime, lotte e rivendicazioni sistematicamente annichilite, non sembra esistere possibilità di riscatto. La proiezione sarà seguita da un incontro con il regista Daniele Atzeni.
Al film è abbinato il cortometraggio El oro de Cajamarca (Gold of Cajamarca), del francese Alexandre Regol, girato a Tolima, nelle Ande colombiane, dove sotto verdi terre fertili si nascondono giacimenti d‘oro su cui si sono appuntate le mire di una multinazionale e che potrebbero minacciare la pacifica esistenza degli abitanti.

Si rimane sul tema dello sfruttamento minerario e delle risorse comuni con il film in proiezione in prima serata, Sumercé (ore 19.30, Sala Rondolino), di Victoria Solano. Nel lungometraggio, la regista colombiana segue tre attivisti del suo Paese – i due leader contadini Rosita Tres e Don Eduardo e l’emergente leader politico Cesar Pachón – che si oppongono alla decisione del governo di Bogotá di concedere alle compagnie minerarie permessi di sfruttamento in un numero esponenzialmente crescente di aree rurali. Ritratto corale, il film – presentato in collaborazione con Slow Food – esplora le ragioni profonde delle battaglie di chi, in Colombia, combatte a rischio della vita, in nome dei dodici milioni di contadini che rivendicano il diritto al vitale accesso all’acqua, impedito dalle attività estrattive, e a rimanere nelle terre in cui sono nati, da cui dipendono per la propria sopravvivenza e a cui li lega un rapporto ancestrale. La proiezione sarà seguita da un incontro con Eleonora Olivero, responsabile dell’area America Latina di Slow Food, Gaetano Capizzi, direttore del Festival CinemAmbiente, e (in collegamento online) con la regista Victoria Solano e Nestor Mendieta Cruz, leader del Convivium Slow Food di Bucaramanga (Colombia). L’incontro sarà anche occasione per illustrare le nuove iniziative cinematografiche realizzate nell’ambito del progetto europeo CINE - Cinema communities for Innovation, Networks and Environment – organizzato da Slow Food in partnership con Cinemambiente – che nelle prossime settimane saranno proposte a Torino e in Piemonte all’interno del cartellone diffuso di Terra Madre.

Sempre in prima serata, si esplora il fenomeno del nuovo attivismo ambientalista con The Troublemaker (ore 20, Sala Cabiria). Diretto dal regista inglese Sasha Snow, il film approfondisce le ragioni e le emozioni profonde di due percorsi personali molto diversi, ma approdati entrambi alla consapevolezza della gravità del fenomeno dei cambiamenti climatici e alla decisione di fare quanto possibile per contrastarlo: quello di Sylvia Dell, pensionata, madre di quattro figli, non militante estremista, ma semplice e pacifica cittadina, e quello di Roger Hallam, il fondatore radicale di Extinction Rebellion, movimento internazionale, socio-politico, nonviolento, nato due anni fa in Inghilterra in risposta alla devastazione ecologica causata dall’antropizzazione. Attraverso le loro testimonianze, il mediometraggio intende essere un invito ad abbandonare la resistenza passiva e promuovere un impegno diretto e una partecipazione collettiva alla lotta per il clima. La proiezione sarà seguita da un incontro online con il regista Sasha Snow e con Roger Hallam, fondatore di Extinction Rebellion, e Sylvia Dell, attivista, protagonisti del film. La proiezione sarà introdotta da una performance musicale di Linda Messerklinger e di Luca Vicini "Vicio” tratta da ANIMA_L, il progetto multimediale ideato dall’attrice torinese e dal bassista dei Subsonica con l’obiettivo di creare una rete di cooperazione tra artisti, studiosi e attivisti della scena contemporanea impegnati nella ricerca di nuovi linguaggi e pratiche in grado di favorire la ricostruzione e la protezione di relazioni e tessuti vitali sul Pianeta.

Ancora in prima serata, il cartellone propone Vanitas (ore 20.30, Sala Soldati), il nuovo film di Mario Brenta e Karine De Villers, vincitori della scorsa edizione del Festival con Il sorriso del gatto. Attraverso immagini e parole liberamente ispirate ai testi sacri, a poeti, pensatori e filosofi dell’Otto-Novecento, il mediometraggio si concentra sull’accanimento dell’uomo nel voler trasformare il mondo – essendone poi di fatto sempre trasformato – e sul suo ostinato tentativo, dopo la cacciata dall’Eden, di negare la propria appartenenza alla Natura, rivoltandosi contro di essa, contro le cose, contro i suoi simili, e generando guerre, distruzioni, sofferenze. La proiezione sarà seguita da un incontro con i registi Mario Brenta e Karine De Villers. Prima del film è proposto in replica il cortometraggio francese Bab Sebta (Ceuta’s Gate), di Randa Maroufi, ricostruzione di quanto accade quotidianamente sul confine di Ceuta, enclave spagnola in territorio marocchino, luogo di grande traffico di merci trasportato per lo più a mano da uomini e, soprattutto, da donne (le “porteadoras”) che fanno la spola alla frontiera tra i due Paesi.
Offre uno sguardo insolito sul problema delle popolazioni a rischio Amazonian Cosmos. Le Voyage des Amerindiens (ore 21.45, Sala Rondolino), diretto dallo svizzero Daniel Schweizer. Protagonisti del lungometraggio sono alcuni indios delle tribù amazzoniche Macuxi e Yanomami, che, su invito dell’ONG “La Société pour les Peuples Menacés”, lasciano la loro foresta – microcosmo in pericolo, ma anche mondo di spiriti luminosi, saperi ancestrali e armonia con la natura – per partecipare a un forum delle Nazioni Unite a Ginevra. La loro odissea nel mondo dei bianchi si trasforma in uno sguardo etnografico inverso, una critica sciamanica alla società dei consumi, mentre la loro convinzione che possa avverarsi a breve la profezia della “caduta del cielo sulla Terra” – con la conseguente scomparsa dell’uomo – e che solo l’unione di tutti i leader spirituali del mondo possa scongiurarla ha molto da dire alla civiltà occidentale sul modo migliore di tutelare il Pianeta.

In seconda serata, il Festival esplora il rapporto tra umani e animali con Pariah Dog (ore 22, Sala Cabiria, e online), dello statunitense Jesse Alk. Vincitore di un gran numero di premi internazionali, il film ci porta in India, il Paese che ha il maggior numero di cani randagi al mondo e dove oggi ferve un accesso dibattito sulla compatibilità del discutibile primato con l’immagine di una nazione in via di rapida modernizzazione. Girato a Calcutta, il lungometraggio è un caleidoscopico ritratto della città vista, insieme, dalla prospettiva dei cani che tentano di sopravvivere nella megalopoli e di quattro compassionevoli “outsider” che, nonostante i propri scarsi mezzi, si prendono cura di loro: una storia di vite parallele in cui umani e animali condividono una condizione di marginalità in un mondo duro e indifferente. La proiezione sarà seguita da un incontro online con il regista Jesse Alk.

Sempre in seconda serata si ritorna alla mobilitazione giovanile per l’ambiente non di oggi ma di tanti anni fa con Ez, eskerrik asko. Gladysen leihoa (ore 22.30, Sala Soldati), diretto dalla regista basca Bertha Gaztelumendi e dedicato a Gladys del Estal Ferreño, l’attivista ventitreenne uccisa a Tudela il 3 giugno del 1979 dalla Guardia Civil nel corso di una manifestazione antinucleare pacifica e autorizzata. Accanto al ritratto di Gladys – diventata un simbolo dell’ambientalismo basco – e alla cronaca di quella giornata, il lungometraggio ricostruisce il clima del periodo che portò alla nascita del movimento antinucleare nei Paesi Baschi (dove allora era prevista la costruzione di una nuova centrale proprio vicino a Tudela) e nel resto del mondo. Al film è abbinato il cortometraggio Explose, della francese Cendrine Robelin, che scandisce sulle musiche di un gioioso carnevale filmati d’archivio di esplosioni nucleari a catena, in un sarcastico invito a continuare la festa.

MODALITÀ DI INGRESSO E ACCESSO. L’ingresso e l’accesso al Festival al Cinema Massimo e alla sala virtuale sono gratuiti e a prenotazione obbligatoria.

02/10/2020, 15:05