TRIESTE VERDE BIANCO ROSSA - In prima
serata su Rai Storia l'11 novembre
Tre ricercatori, un uomo e due donne, e il racconto delle varie fasi della costruzione del Faro della Vittoria (1918-1927), che doveva illuminare il golfo e celebrare il passaggio di Trieste all’Italia. Sono le storie al centro di "
Trieste verde bianco e rosso" che Rai Cultura propone mercoledì 11 novembre 2020 alle 21.10 su
Rai Storia.
Il film - che unisce il linguaggio del documentario storico e di quello d’inchiesta - alterna al racconto un collage di testimonianze storiche, filmati, fotografie, lettere, memorie, e resoconti, documenti. Primo protagonista è un ricercatore, appassionato di pellicole del cinema muto, e di dagherrotipi dell’inizio ‘900, che all’inizio del film guarda al rallentatore le immagini dell’arrivo a Trieste dell’incrociatore Audace e dello sbarco dei bersaglieri e del Tenente Generale Petiti di Roreto.
Su uno schermo accanto c’è, invece, il filmato dell’arrivo delle salme dell’Arciduca Francesco Ferdinando e della moglie Sofia, l’evento che scatenò la Grande Gerra. Era il 2 luglio 1914. Erano passati solo 4 anni, i due filmati erano stati girati praticamente nello stesso luogo, ma tutto era diverso: uno era un funerale, l’altro doveva celebrare la liberazione; in uno c’era una solennità formale, nell’altro quasi una fretta, totalmente priva di qualsiasi cerimonia. Ai funerali, inoltre, avevano partecipato almeno quattro cineoperatori e tutti i maggiori fotografi di Trieste, mentre all’arrivo delle truppe italiane c’era un solo cineoperatore e pochi fotografi.
Ci sono, poi, le due donne che si incontrano durante i loro studi e ricerche. La prima è una docente viennese, che arriva a Trieste per studiare come la città si trasforma con l’arrivo dell’Italia e per approfondire l’influenza della cultura austro-germanica nel mondo intellettuale triestino e goriziano. La donna mette in luce le due opposte anime dell’irredentismo: quello nazionalista-imperialista, aggressivo verso le altre nazionalità e specialmente verso gli slavi, e quello mazziniano, europeista, che sogna un’Europa fraterna e democratica. E soprattutto svela contraddizioni e reticenze che hanno resistito per un secolo. La seconda ricercatrice è slovena e sta studiando la trasformazione economica della Trieste italiana, e i suoi effetti sulla comunità slava, soprattutto l’esodo di una parte dello strato cittadino capitalistico-finanziario, e di parte della popolazione non-italiana verso Vienna o verso il nuovo stato jugoslavo.
10/11/2020, 09:18
Sara Valentino