STELLA EGITTO - “Io, un’artigiana della recitazione”
Classe ’87,
Stella Egitto si è diplomata all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico: “Ho avuto come insegnate Luca Ronconi al quale devo tantissimo, mi ha insegnato a leggere i testi, a farmi delle domande sulle sceneggiature”. Si divide tra teatro, il suo grande amore, televisione e cinema: l’abbiamo vista in “In guerra per amore” di Pif e in diverse e interessanti opere prime come “Tu mi nascondi qualcosa” di Giuseppe Loconsole e “Detective per caso” di Giorgio Romano.
Nella commedia “Nel bagno delle donne” interpreti Anna, moglie del protagonista, una donna forte e risoluta che si trova a fare i conti con un marito debole che non riesce a reagire dopo un licenziamento, ma tu come descriveresti il tuo personaggio?
"Risoluta e inquadrata senz’altro perché sono tutte caratteristiche grazie alle quali non si arrende di fronte alle difficoltà, ma mi viene anche da dire un po’ maniaca del controllo, una moglie che nella prima scena del film tira lo sciacquone al marito quando è ancora seduto sul water, è una donna che lavora, indipendente, responsabile però alle volte diventa eccessiva".
Si tratta di un film leggero che però dà un quadro veritiero e tragico dei trentenni di oggi alle prese con una realtà lavorativa e non solo sempre più precaria, ti sei mai trovata a vivere queste incertezze?
"Certo, il mio è un lavoro “eccellentemente” precario perché inevitabilmente sei soggetto spesso e volentieri alle logiche di mercato e al gusto delle persone. La soggettività può determinare la vita e la carriera di un attore, l’importante per contrastare questo è avere molto chiaro quello che si vuole e io lo ritrovo proprio nel motivo per il quale ho scelto di fare questo mestiere che esula dal prendere un film piuttosto che un altro: io lavoro in teatro, studio in teatro, ho delle compagnie di riferimento con le quali lavoro regolarmente, questo è il mio motore".
Nel film diretto da
Marco Castaldi il bagno nel quale il protagonista decide di rifugiarsi si trova in un piccolo cinema che proietta film indipendenti e incassa poco, si parla quindi anche di crisi dei cinema e di un circuito poco considerato.
Guardando la tua filmografia si trovano molte opere prime e film soprattutto indipendenti come “Nel bagno delle donne”, la tua è una scelta consapevole?
"Assolutamente sì, ci sono attori con trent’anni di esperienza più della mia che fanno ancora queste scelte e mi auguro di continuare a farle anche io, poi se domani mi chiamasse Paolo Virzì sarei molto felice, una cosa non esclude l’altra. Però spesso e volentieri io da “artigiana” del mestiere mi sento molto più vicina allo spirito e all’entusiasmo di registi che si impegnano anni per riuscire a trovare la loro storia, per trovare un produttore e si permettono di avere libertà e irriverenza. In tutti i film che ho scelto, e alcuni ancora devono uscire, c’è una fame, un’urgenza di raccontare delle storie con una libertà e con dei ruoli che sinceramente mi corrispondono. Ovviamente il cinema che lavora su dei canali più grandi per me è ben accetto, sono pronta e non vedo l’ora".
Che genere senti più congeniale?
"Come hai visto “Nel bagno delle donne” è una commedia però in questo film tutto si può dire tranne che io faccia commedia, forse spesso vengo scelta in film di questo genere come contraltare. Definire cosa significa fare commedia è difficile e anche farla, ci riescono in tre, ma questo è il genere nel quale mi piacerebbe impratichirmi di più perché mi sento più a mio agio nel drammatico e vorrei sentirmi più sicura anche su corde comiche”.
In quali progetti ti vedremo prossimamente?
"Ho appena finito di girare una serie per Mediaset dal titolo “Buongiorno mamma” di Giulio Manfredonia e un film per Netflix “Mio fratello, mia sorella” di Roberto Capucci con Alessandro Preziosi e Claudia Pandolfi.
Com’è lavorare per una realtà come Netflix?
Confrontandomi con molti mie colleghi siamo tutti d’accordo sul fatto che queste nuove piattaforme stanno creando delle possibilità altre per tutti noi e che forse senza Netflix non ci sarebbero mai state. Dall’altra parte la riflessione che facciamo è che bisogna trovare un equilibrio tra tutto questo e la sala che non deve per nessuna ragione al mondo essere sostituita. Hanno senso e ragione di coesistere queste due realtà ma le sale piangevano anche prima della pandemia e questa cosa mi spaventa.
Come ti spieghi la crisi dei cinema in Italia?
Credo che il pubblico, che è il motore di tutto questo, si sia stancato delle proposte sempre uguali. Tante operazioni più piccole ma interessanti, di qualità, avrebbero bisogno di più sostegno per arrivare sui canali grandi, se la gente continua a vedere sempre le solite cose, con le solite quattro facce, raccontate nello stesso modo politicamente corretto, si stanca, e mi viene da dire che ha ragione a non andare più in sala e a rifugiarsi, per esempio, in serie straniere che anche se low budget sono eccezionali.
05/12/2020, 08:52
Caterina Sabato