LA REGOLA D'ORO - La guerra personale di Ettore
Ettore Seppis, interpretato da
Simone Liberati, è un soldato italiano che per cinque mesi è stato prigioniero di un gruppo di fondamentalisti siriani. Di ritorno in Italia non riesce ad affrontare il trauma come dovrebbe, sopraffatto dall’attenzione dei media, dalla popolarità e dalla madre troppo apprensiva e incapace di capire davvero le sue esigenze. Contro la sua volontà Ettore si ritrova a trascorrere molto tempo con Massimo, l’autore di una trasmissione televisiva che si è largamente occupato del suo caso durante i mesi del sequestro, che deve scrivere il suo discorso di ringraziamento in occasione di una serata a Taormina in diretta tv durante la quale gli verrà consegnato un premio. Ettore vive con grande ansia il pensiero di dover affrontare il pubblico e la continua attenzione, ancora troppo scosso dai mesi di prigionia e dal pensiero di Jamila, la fidanzata lasciata in Siria e prigioniera degli jihadisti.
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La regola d’oro", scritto dallo stesso regista con
Giacomo Ciarrapico e Davide Lantieri, ci mostra sin dall’inizio le conseguenze di una guerra silenziosa ma non per questo meno letale, quella che vivono i soldati segnati per sempre dalle missioni in zone di conflitto, che non riescono a gestire il disturbo da stress post – traumatico o non vengono adeguatamente aiutati ad affrontare i loro demoni.
Ettore, sopravvissuto a una lunga prigionia, conserva nello sguardo il terrore di non riuscire a uscire da un incubo, un sentimento che
Simone Liberati esprime al meglio, non solo grazie alla trasformazione fisica ma attraverso un’interpretazione sofferta, di sottrazione che riesce a comunicare tutta l’angoscia e il bisogno di cure delle quali ha bisogno. Di contrasto il cinico mondo televisivo impersonificato da Massimo, interpretato da
Edoardo Pesce il quale si confronta nuovamente con un personaggio senza scrupoli e ambiguo che in questo caso ha però qualche sfumatura “umana”, parte di quel circo mediatico interessato solo agli ascolti sfruttando le tragedie umane.
Così Ettore diventa una sorta di “fenomeno da baraccone” a favore di telecamere e flash, servitore di uno Stato che sembra non capire i suoi bisogni, sfruttato solo per la più becera propaganda politica, circondato dagli agi e dal lusso di contrasto ai flashback della prigionia, ai continui sogni soffocanti, al ricordo di Jamila, della guerra e delle morte con la quale conviveva in Siria. Un‘opposizione che sottolinea marcatamente lo squallore imperante della nostra società, il vuoto abissale che la caratterizza rispetto a chi nasce e cresce in zone di guerra.
Una divisione in capitoli racconta gli “attori” delle vicende in momenti diversi, prima e dopo l’evento traumatico, ma finisce per indebolire la narrazione che presenta diverse situazioni inverosimili e poco approfondite e buchi di sceneggiatura che purtroppo non fanno decollare un film ricco di spunti di riflessione e di una performance, quella di Liberati, notevole.
28/02/2021, 10:00
Caterina Sabato