PERCEPIRE L'INVISIBILE - Fragilità, amore
e inclusione al diurno di Roma
Il gruppo di autogestione, formato dai partecipanti del Laboratorio Cinema Centro Diurno, dagli attori
Tony Martone, Daria Neverova, Guglielmo Favilla, Daniele Coscarella, dal regista
Tino Franco e dal tutor
Matteo Martone (scrittore, docente ed editor per Rai Fiction), nasce da un'esperienza decennale sul cinema realizzata nel Centro Diurno che, grazie all'incontro con l’associazione culturale Nel Blu Studios e la casa di produzione Space Off, ha trovato una valida opportunità per realizzare un documentario dall’intrinseco valore etico e inclusivo. Dopo aver portato avanti insieme agli operatori, nel corso degli anni, un laboratorio di Cineforum con uscite al cinema e commenti scritti sul blog del Centro Diurno, negli "utenti" è infatti maturato il desiderio di cimentarsi nella scrittura di una sceneggiatura per rappresentare una propria storia che ha trovato un'espressione ideale nel corso di sceneggiatura tenuto da
Tino Franco e Matteo Martone, durante il quale è stato prodotto il corto originale e, successivamente, nel 2021, il docufilm dal titolo “Percepire l’Invisibile”.
Durante i primi minuti del documentario si trova la testimonianza dei professionisti che hanno collaborato alla stesura della sceneggiatura, un elemento molto importante per capire la dinamica di questo progetto. Dalle loro parole emerge quanto sia fondamentale rendersi conto che in fin dei conti abbiamo tutti delle grandi insicurezze, dei momenti di profonda fragilità e che non c’è molta distanza con le persone che vivono determinate condizioni con maggiore evidenza. Da questa presa di coscienza è nata la voglia di creare un progetto inclusivo in grado di “mostrare la vita e la creatività delle persone che normalmente non vediamo o peggio non vogliamo vedere perché le consideriamo una minaccia per la comunità, dal momento che, tra tutte, la disabilità mentale è quella che fa più paura. - racconta Tino Franco - Nel quadriennio 2019-2022, proprio durante la pandemia Covid 19, abbiamo continuato a credere di poter realizzare il cortometraggio, della durata di otto minuti circa, mettendo gli utenti nelle migliori condizioni per esprimersi e condividere l’esperienza. Nel mentre, abbiamo documentato questo laboratorio di “filmmaking” che è diventato una virtuosa esperienza terapeutica: vederli in azione ci ha permesso di entrare in sintonia empatica con loro attraverso un processo di riconoscimento”.
Per la realizzazione del progetto è stato fondamentale creare un ambiente in cui ognuno riuscisse ad esprimersi e in cui si collaborasse alla pari, come testimoniato dagli psicologi della cooperativa Aelle Il Punto: “Abbiamo realizzato un’esperienza in cui ogni membro del gruppo, fosse esso regista, sceneggiatore, utente, cameraman o psicologo, ha cooperato senza distinzioni di ruoli alla dimensione creativa per scrivere e mettere su pellicola una storia. Il gruppo integrato e inclusivo ha così condotto un’operazione creativa di ricerca-azione che ha interpretato il proprio ruolo nella funzione di cura anche fuori dai confini istituzionali della struttura sanitaria, creando un’opera cinematografica che avrà una sua vita nel sociale”.
“Il tema dell’invisibilità, da noi scelto come idea originaria - spiegano gli utenti del Centro Diurno - riguarda ciò che non trova rappresentazione sia su un piano interiore, da cui l’esigenza di riuscire ad esprimere attraverso una creazione artistica ciò che si vive, sia su un piano sociale, quando la fragilità rende marginali ed esclusi dalle forme di rappresentazione sociale. L’amore e il desiderio di relazione con l’Altro è il deus ex machina della rappresentazione messa in scena dal nostro gruppo, poiché fa vivere e germogliare alla luce ciò che altrimenti è relegato nell’ombra dell’inconsapevolezza sociale e dei singoli individui”.
Francesca Izzo, Responsabile del Centro Diurno ha voluto raccontare come questo lavoro, per come e quando è stato realizzato, abbia una reale funzione di sensibilizzazione dell’opinione pubblica italiana sul disagio psichico. L’obiettivo, infatti, è quello di portare l’attenzione sulla realtà della salute mentale, che non può rimanere confinata all’interno delle mura delle istituzioni deputate, ma deve restituire alla collettività un lavoro che testimoni come, in ogni fascia della popolazione, si annidi il desiderio di espressione creativa ed artistica quale dialogo all’interno della società civile per l’inclusione e l’integrazione delle diversità.
La regia si posa spesso sui primi piani degli sceneggiatori e su tutti i professionisti che hanno partecipato al progetto. Volti su cui, seppur parzialmente nascosti dalla mascherina, si riescono a notare bene forti espressioni e grandi empatie, con un’intensa energia nei sorrisi.
Il finale ideato per il corto vuole trasferire lo spettatore in una dimensione precisa, spingerlo verso un’illuminante considerazione: il mondo è pieno di invisibili.
Il cinema e in generale tutte le forme d’arte hanno la grande capacità di non imporre limiti al pensiero creativo, alla voglia di esporsi ed evidenziare un’esigenza. Soprattutto quando c’è la necessità di accendere la luce sulle oscurità, rimettere al centro chi è al margine. Il docufilm “Percepire l’invisibile” ha il grande merito di sottolineare questi concetti, donando un grande spessore ai protagonisti e rendendoli tutt’altro che invisibili.
05/04/2022, 10:16
Alessio Garzina