BELLA CIAO - "Per la Liberta'", inno di chi vuol essere libero
Qual è l’origine di
Bella Ciao? Una domanda che da anni si pongono storici ed appassionati. Ancora oggi non si riesce a trovare una risposta definitiva e all’interno del documentario sono diverse le tracce che si ripercorrono per trovare la genesi della canzone: il Festival di Spoleto con la cantante Giovanna Daffini e la sua versione per la risaia, il testo della canzone pubblicato nel 1953 sulla rivista “La Lapa” o un vecchio CD scoperto per caso grazie al quale si potrebbe affermare che la melodia è stata incisa addirittura nel 1919.
Insomma, l’origine della canzone è ancora avvolta nel mistero ed è forse una componente che ha contribuito a far entrare nel mito “Bella Ciao”.
Il documentario è ben costruito. Il ritmo calzante tiene lo spettatore incollato ed è molto efficace l’alternanza tra i riferimenti storici degli anni della Seconda Guerra Mondiale, con il contributo delle immagini dagli archivi dell’Istituto Luce, e gli scenari attuali. “Bella Ciao”, infatti, è ancora oggi una canzone che in tutto il mondo viene cantata, con più di 40 traduzioni, per manifestare il dissenso nei confronti delle dittature e contro tutto ciò che viene considerato ingiustizia.
Per esempio, all’interno del docufilm viene mostrata la città di Smirne, in cui nel 2020 venne fatta risuonare “Bella Ciao” dai minareti delle moschee per manifestare contro Erdogan. E in Iraq, dove si intona quella melodia quando si scende in strada per chiedere un Paese nuovo e libero. Stessa condizione del popolo curdo, con “Bella Ciao” che è diventata il coro per la lotta all’Isis in Rojava.
Per far scaturire le emozioni
Giulia Giapponesi si affida alla testimonianza di
Flaviana Putaturo, una donna che risiedeva ad Alba quando le formazioni partigiane riuscirono a liberare la città dall’occupazione fascista per 23 giorni. Flaviana si abbandona alla commozione ricordando che fu proprio in quell’occasione, grazie al canto dei partigiani, in cui conobbe la melodia di “Bella Ciao”.
In questo contesto viene introdotto il quesito che per anni ha acceso il dibattito pubblico: “Bella Ciao” è stata davvero cantata dai partigiani durante la Resistenza?
All’interno del documentario troviamo chi, come il Professor
Carlo Pastelli e l’etnomusicologo Roberto Leydi, afferma che fosse a tutti gli effetti un coro intonato dai partigiani italiani. E invece chi dichiara che le fonti non siano abbastanza attendibili per essere sicuri di ciò, come sostengono le testimonianze tratte dai libri dei giornalisti
Giampaolo Pansa e Giorgio Bocca, e che anzi è molto probabile che tra le brigate in montagna nessuno conoscesse quella melodia. In fin dei conti, è forse una discussione inutile. Poco importa se non è stata cantata dai partigiani, “Bella Ciao” resta la canzone simbolo della Resistenza italiana. Una consapevolezza che va oltre gli archivi o le testimonianze scritte.
Il fascismo è nero. Un’ombra che oscura le persone, un recinto che rinchiude le società. Il documentario ci racconta quanto le note di “Bella Ciao”, ancora oggi, riescano ad avere la grande capacità di diventare un coro con la forza di rompere gli argini. Parole di cui ogni popolazione si è impossessata per esprimere il dissenso, una melodia che mai potrà essere fermata o dimenticata.
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Bella Ciao - Per la libertà" racconta una storia in cui ognuno può ritrovarsi. Un racconto di eroi, diversi e comuni, spesso senza volto. Eroi che non vivono alla luce del mito ma nascosti sulle montagne o tra le rovine di case distrutte. Persone che muoiono nel fango per inseguire un sogno libero. Donne e uomini che vanno oltre i giorni vissuti e concedono il loro ultimo fiato alla democrazia per permetterle di respirare.
08/04/2022, 18:18
Alessio Garzina