VENEZIA 79 - "Kristos, l'ultimo bambino" di Giulia Amati

Ad Arki, un’isola del Dodecanneso in Grecia, sono più numerose le capre, i cani e gli altri animali che non gli uomini e le donne: la popolazione complessiva conta una trentina di persone, ma un solo bambino, Kristos. E' lui, l'ultimo ad andare ancora a scuola, l'ultimo a giocare liberamente (ma il tempo libero è poco, fuori dall'aula aiuta la famiglia in vari modi), l'ultimo a dover (e poter) decidere cosa fare del suo futuro.

"Kristos, l'ultimo bambino" di Giulia Amati lo racconta, lo avvicina, lo presenta, si prende i suoi (lunghi) tempi. E' un momento cruciale della sua vita, la scuola sta finendo e la sua insegnante (sua nel vero senso della parola, non avendo altri studenti a cui dedicarsi) cerca di spronarlo a continuare dopo il ciclo delle elementari. Ma ciò vorrebbe dire lasciare l'isola, andare dove ci sono altri bambini e altre bambine (che lui scruta con diffidenza, almeno all'inizio), lasciare tutto ciò che conosce per... già, per cosa? Di piante e animali ne sa a sufficienza, per seguire le orme del padre non serve altro. Studiare ed emanciparsi ha il suo fascino, ma a cosa servirebbe?

Le lunghe giornate spesso solitarie di Kristos servono a chiarirsi le idee, ma anche se appare maturo e curioso, è pur sempre un bambino e la decisione non è facile. Non può avere amici con cui confrontarsi, non può avere simili con cui relazionarsi.

Amati resta a distanza, non interviene, ma riesce a creare empatia tra ciò che mostra e chi lo guarda: la sua isola sembra in via di estinzione (lo dicono anche le anziane saggie del paese: quale ragazza vorrà mai venire a vivere lì?), ma non è partendo che lui la tradirebbe. Si può sempre tornare, con più esperienza e più capacità.