Note di regia de "Il Principe di Melchiorre Gioia"
Perché la necessità di raccontare una storia “inutile”?
Credo di vivere nel periodo storico più opportuno per raccontare una storia simile. Le persone oggi hanno bisogno di opere leggere, spensierate e persino inutili. Ora che finalmente in sala il p ubblico può di nuovo tornare a mostrare i volti è stupendo pensare di avere la responsabilità di provare a far socchiudere le labbra per lasciarsi andare ad una sana risata! Siamo in molti a scrivere per il cinema delle storie inutili, solo che c'è chi pro va fino all'ultimo a convincerti del contrario. Io ho voluto essere sincero fin da subito, ed era inevitabile, dopo gli ultimi due film sociali ( Vista Mare , 2017 e Non si può morire ballando , 2019), giocare sulle corde della leggerezza. E poi quel che può essere “inutile” per me, può essere efficace per qualcun altro. Il film non ha nulla da insegnare, prova a farti stare bene, prova a farti ridere!
Come ti sei imbattuto in questo personaggio e cosa ti ha affascinato di lui?
Una vecchia conoscenza, un buon amico! Poi la vita ha dettato tempi e direzioni e ci siamo persi! Mi ha sempre incantato il suo modo di perdonare gli accadimenti anche quando si fanno meschini, ti schiaffeggiano e ti fanno perdere. Ha sempre saputo di non poter indirizzare il flusso delle cose e allora tanto vale rimettere a posto la vita offrendogli da bere.
Il linguaggio utilizzato, non solo quello verbale, è molto forte. Non credi che il pubblico possa rimanerne disturbato?
Inizialmente lo slang, l'intercalare e l'atteggiament o usato dal protagonista può certo risultare forte e acceso , ma non è mai volgare e, con il passare dei minuti, ci si rende conto che in fondo è un linguaggio che usiamo tutti e di continuo, solo che forse siamo meno abituati a sentirlo da uno schermo di u na sala cinematografica.
“Il film è un omaggio ai perdenti e a tutti quelli che ci provano senza mai riuscirci. Mi ha sempre affascinato il suo attaccamento alla sconfitta, il suo saper posizionarsi qualche metro più in là da una società che si muove de ntro a delle consolidate regole. Anche la sceneggiatura è eretica e prende le distanze dalla ormai consolidata struttura narrativa. Il film è come se attraversasse una lunga strada bianca in pianura, pochi sali e scendi, gli ostacoli sono dei sassolini sul terriccio e ogni tanto lungo il tragitto spuntano dei fiori di campo. I personaggi non vogliono evolvere e restano coerenti al loro essere dei simpatici perdenti”. Andrea Castoldi