FILMMAKER 42 - Prima retrospettiva italiana a Ruth Beckermann
È dedicata a
Ruth Beckermann (Vienna, 1952) la nuova retrospettiva di
FILMMAKER, realizzata con il sostegno del Forum Austriaco di Cultura: il festival, da oltre quarant’anni un punto di riferimento dell’indagine sul cinema documentario e più in generale “di ricerca”, ha scelto di omaggiare nell’edizione 2022 (dal 18 al 27 novembre a Milano, Cinema Arlecchino) una delle voci più autorevoli del cinema austriaco. In programma 17 titoli, tra corti e lungometraggi, girati dagli anni Settanta ad oggi, che testimoniano il desiderio di confrontarsi col proprio tempo, trovarne la voce, il respiro, illuminarne le contraddizioni, i conflitti, le zone più complesse; e la capacità di attraversare la nostra realtà disseminando piste e nuove possibilità di visione. Beckermann incontrerà anche gli studenti della Civica Scuola di Cinema “Luchino Visconti”, lunedì 21 novembre.
Dopo Milano, grazie alla collaborazione con Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia e Sicilia Queer filmfest, Ruth Beckermann sarà anche a Roma (dal 21 al 24 novembre al Cinema Troisi) e Palermo (l’1 e il 2 dicembre al Cinema Vittorio De Seta), protagonista di due masterclass e per accompagnare la proiezione dei suoi tre film più recenti: Die Geträumten (2016), in cui sperimenta una forma “ibrida” di finzione nella messinscena della relazione tra Paul Celan e Ingeborg Bachmann; Waldheims Waltzer (2017), candidato dall’Austria all’Oscar e forse anche per questo il suo film più internazionalmente conosciuto, e Mutzenbacher (2022), vincitore della sezione Encounters all’ultima Berlinale.
Entrambe le masterclass vedranno la partecipazione degli allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia, e quella di Roma andrà ad arricchire i nuovi strumenti di e-learning attualmente in fase di progettazione, finalizzati ad un ampliamento dell’offerta formativa e al rafforzamento dei rapporti internazionali della Scuola Nazionale di Cinema.
Quando comincia a girare nelle strade di Vienna documentando le proteste delle giovani generazioni contro l'elezione di Waldheim alla presidenza, Ruth Beckermann (Vienna, 1952) è tra i manifestanti, ha già un'esperienza di giornalista in giro per il mondo ma “filmare” appare in quel momento un gesto necessario, il solo in grado di rispondere al desiderio che attraversa l'intera sua opera, quello cioè di confrontarsi col proprio tempo, trovarne la voce, il respiro, illuminarne le contraddizioni, i conflitti, le zone più complesse. Quei materiali torneranno in forma di archivio in Waldheims Waltzer il suo film che l'Austria ha candidato agli Oscar nel 2019 nella categoria del miglior film internazionale a conferma dello statuto centrale dell'autrice all'interno del cinema austriaco e mondiale.
Questa spinta a un confronto con la realtà fondato su un rapporto costante tra dimensione “privata” e immagine collettiva, è presente nell'autrice sin dai suoi primi lavori nella Vienna del 1977 quando per un collettivo video indipendente aveva documentato le battaglie in un centro culturale della città. Il film, Arena besetzt (1977) è diventato nel suo sguardo il racconto di un'utopia e della sua fine ma anche un “saggio” sul senso del cinema politico. Ed è questa una delle cifre che caratterizza la generazione del “Nuovo cinema austriaco” nelle sue differenze, e che qui trova il punto di incontro con il bagaglio delle avanguardie e con il loro lavoro di reinvenzione formale del racconto cinematografico; autori e autrici, da Kurt Kren a Friedl Vom Groeller, da Ulrich Seidl a Peter Tcherkassky, tutti invitati più volte con i loro film a Filmmaker.
Ma se questo “lavoro di memoria” è per molti autori soprattutto cinematografico, nella poetica di Beckermann si fa punto di partenza narrativo in una intersezione tra presente e passato, documentario e finzione, che esplora i nodi della Storia per dare voce a quelli della nostra epoca. Ogni opera interroga le questioni di identità personale e collettiva che passano per la relazione della società europea e americana con l'ebraismo della diaspora, dopo la seconda guerra mondiale fino oggi, per la narrazione della donna, per le inquietudini del nostro pianeta cercando, ancora una volta, di esprimere il sentimento del mondo in cui l'autrice vive, e un linguaggio cinematografico sempre inventivo, vivo, che vuole mettere alla prova il proprio mezzo a ogni nuova scommessa.
Da un film come Those Who Go, Those Who Stay (2013) quasi un saggio sulle migrazioni volontarie e involontarie attraverso l'Europa al magnifico Die Geträumten (2016) in cui – sperimenta una forma “ibrida” di finzione nella messinscena della relazione tra Paul Celan e Ingeborg Bachmann, la sua costruzione di memoria vive tra sfaccettature di emozioni e la contemporaneità. Diventa road movie in American Passage (2011), girato a Harlem dopo la crisi finanziaria del 2008 e l'elezione di Obama primo presidente african-american della storia, e incursione nel colonialismo alla ricerca dei legami tra Oriente e Occidente (Ein flüchtiger Zug nach dem Orient, 1999) e tra Europa e Africa (nel progetto di The Emperor, in coproduzione italiana con Citrullo international e RaiCinema e con contributo alla coproduzione della Direzione generale Cinema del MIC, oggi in pre-produzione). Straordinaria è la sua ricerca continua della forma documentaria “giusta”: la messa in scena della parola, a partire da un piccolo classico della letteratura libertina come Mutzenbacher di Felix Salten si trasforma in una originalissima, divertente e sottilmente controcorrente interrogazione della mascolinità nel confronto con un personaggio femminile tuttora imprendibile. Mutzenbacher ha esordito nel febbraio 2022 alla Berlinale, dove ha vinto il premio nella sezione Encounters confermando la capacità di Beckermann di attraversare il nostro tempo, il nostro mondo, la nostra realtà disseminando piste e nuove possibilità di visione.
28/10/2022, 08:25