Note di regia di "Taxibol"
Che cos’è una conversazione? Uno scambio verbale tra due persone che non parlano la stessa lingua è un dialogo? L’osservazione di questo confronto può dare origine a una ricostruzione della realtà che per ciò che porta in scena non può che essere inequivocabilmente vera? Quanto l’appartenenza a un luogo e una cultura ci condanna ma allo stesso tempo ci rende irrimediabilmente umani?
Taxibol è una riflessione e allo stesso tempo una commistione di tutti questi quesiti e molti altri. La scintilla che li ha provocati è scoccata nel 2019, in seguito all’incontro che ho avuto con due persone per me fondamentali a livello umano e artistico: Gustavo Flecha - un espansivo tassista cubano - e Lav Diaz - celebre regista filippino.
Nella prima parte del lavoro si assiste alla provocazione di un scambio che ha portato Lav e Gustavo a toccare e passare spontaneamente dal loro background storico ed emotivo a quello dei loro paesi, dalle difficoltà dovute alla separazione dalle persone che si ama all’impegno socio- politico nei confronti di un contesto post-coloniale farcito di deviazioni e storture; ciò che ne è derivato è quasi un affresco di due realtà - quella cubana e quella filippina - tramite l’esperienza individuale, e contestualmente uno sguardo su due paesi dove la giustizia ha sempre fatto fatica a trovare spazio.
Nella seconda parte del film l’intento è stato analizzare e contemplare questo spazio, sviscerare questo grido di giustizia inascoltato che nella narrazione diventa silenziosamente e gradualmente sempre più assordante.
L’osservazione muta della ripetizione e reiterazione quotidiana del male incarnato nella figura dell’ex generale filippino Juan Mijares Cruz - esule a Cuba dopo il crollo del sanguinario governo Marcos - ne è stata una diretta conseguenza. L’uomo - ricercato da Gustavo Flecha e Lav Diaz - all’interno dell’opera esercita subdolamente nei suoi terreni un potere e una violenza che fanno eco a quella da lui stesso compiuta nell’arcipelago filippino degli anni ‘80; di fronte a questo ordine malvagio che a ffonda le radici nella crudeltà umana - a cui ciclicamente assistiamo - l’unica crepa e l’unico possibile discorso non può che essere l’immagine e la memoria, dunque il cinema.
"We will remember the world because of cinema" ha sempre detto Lav Diaz a tal proposito; in Taxibol in definitiva l’ambizione è non solo far ricordare ciò che è stato tramite le immagini e una costruzione narrativa, ma aprire a una riflessione e a un dialogo su come si possa raccontare l’individuo e dunque intrinsecamente l’essere umano a ffrontando e trattando una memoria storica collettiva (con tutti i traumi che ne conseguono).