Note di regia di "Le Donne di Pasolini"
“Le Donne di Pasolini” è stata una rara occasione per affrontare una materia profondamente familiare, e altrettanto amata, sempre cercata, vissuta, attraverso le letture e il cinema di Pier Paolo Pasolini. Autore che considero fonte inesauribile di ispirazione ed etica esemplare per chi faccia questo mestiere o per chiunque voglia aprire gli occhi davanti alla realtà, per tentare di tradurla oltre i miraggi di superficie.
Pasolini è guida, interprete dell’umanità negletta e della storia, che con la sua inarrivabile integrità artistica, poetica, politica, visionaria, ci dà un esempio monumentale di eroismo intellettuale, tatticamente stroncato in quel premeditato e organizzato agguato di gruppo all’idroscalo di Ostia. Un omicidio politico-criminale mal sentenziato.
L’affezione profonda per la sua poesia, e il percorso nella totalità della sua opera, sono stati per me il fondamentale viatico e primario strumento per affrontare questo ricchissimo spunto tematico legato al rapporto di Pier Paolo Pasolini con le donne della sua vita. Mi sono avventurato in questo non facile percorso con il massimo rispetto filologico biografico e letterario, visto che la ricostruzione di quel mondo femminile a Lui relazionatosi negli anni, riproponeva, in scena, la necessità di “ricostruire” le voci di protagoniste straordinarie, che erano e sono a loro volta importantissime autrici ed artiste.
Ho dovuto maneggiare una molteplicità di materiali e percorsi davvero complessi, sia dal punto di vista del repertorio audiovisivo individuato, sia da quello della scrittura dei testi recitati dalle attrici che ci ripropongono, nel film, quelle donne, in particolare il personaggio della madre del Poeta, Susanna Colussi, nei confronti della quale ho riservato una particolare, direi minuziosa, attenzione esegetica testuale che spero restituisca tutta la profonda complessità del rapporto madre-figlio, vera struttura portante di questo film.
Ma pari attenzione e coerenza con le fonti ha richiesto l’offerta al pubblico della figura di Laura Betti, di Giovanna Bemporad, di Oriana Fallaci, di Maria Callas. Ho avuto la fortuna di incontrare delle attrici straordinarie che credo abbiano assolto con magica identificazione la difficile missione di restituire l’essenza di quelle magnifiche figure coniugate in vario modo con Pasolini.
E vengo ora all’apporto importantissimo ricevuto dall’amico Giuseppe Battiston, che tutti conosciamo quale attore dotato di un’umanità profonda e di mirabile capacità interpretativa. Al di là del suo essere friulano, cosa che nel nostro viaggio in quelle terre, grazie a lui e alla lingua che fu anche di Pasolini all’inizio della sua attività di scrittore, è stata di grandissima importanza per entrare nelle pieghe profonde delle origini della poetica pasoliniana, questo interprete riesce a essere identificativo di un sentire comune. La mancanza di Pasolini. Nel film Battiston ci restituisce, attraverso lo sguardo e la sua voce-guida, il senso non solo della bellezza quasi misteriosa della parola di Pasolini, ma appunto anche del senso di inquietante, tragica mancanza che quell’uomo ha lasciato in tutti noi, nel mondo intero. Giuseppe è davvero rappresentativo nel film, del nostro sentirsi orfani di Pasolini. Il suo peregrinare in quella comune terra, ci aiuta poi a riflettere su quanto il “femminile”, e in particolare il legame con la madre di Pasolini, Susanna Colussi, abbiano rappresentato nella nascita e crescita del sentire pasoliniano. Ma Battiston estende il valore della sua ricerca intellettuale affettuosa con la partecipazione di chi sente in Pasolini un fratello. E l’ambito di tale prezioso sentimento non si riduce a una mera nostalgia, ma assurge, alla fine del percorso, a una nuova sua, e nostra, consapevolezza, oserei dire filosofica ed esistenziale, che è il diretto precipitato del confronto con le opere e la vita di Pier Paolo. Lo sguardo di Battiston il friulano, in quella ricerca di senso per fare ancora più suo Pasolini indagando il suo rapporto con quelle donne, quei luoghi, quella natura, quella luce, quella storia d’Italia, ci regala lo squarcio di un’ulteriore scoperta di questo immenso Autore e compagno di viaggio, che parafrasando la testimonianza di Edoardo De Filippo alla fine del film, abbiamo tutti perduto e sentiamo insostituibile oggi come, e forse, più di ieri. Non fosse altro per la connotazione violenta e oscura di quella mistificata morte.
Eugenio Cappuccio