Note di regia de "L'Uomo senza Colpa"
Sono nato e cresciuto in un'area del nord-est italiano, proprio al confine con la Slovenia, dove l'amianto sta facendo una strage. In alcune città e paesi, quasi tutte le famiglie hanno almeno una persona che è stata esposta alle polveri di amianto e rischia di ammalarsi. Anche mio padre, che da giovane ha lavorato in un importante cantiere navale, ha respirato le polveri ed è a rischio, come tutta quella generazione di lavoratori.
L'amianto è stato ampiamente utilizzato in tutto il mondo come isolante termico e come rivestimento ignifugo in tutti i tipi di edifici, treni e navi. Sebbene il pericolo amianto sia noto fin dagli anni '30, è sempre stato nascosto o sottovalutato, soprattutto per motivi di profitto. L'uso sistematico di questo materiale ha creato un'ampia zona grigia in cui le responsabilità delle lobby e degli individui sono diventate confuse, al punto che sembra quasi impossibile dimostrare la loro colpevolezza nei tribunali. Le sentenze vengono bloccate (ecco perché ho scelto questo titolo per il progetto), a causa dell'enorme quantità di tempo necessaria per i processi. Il film si svolge esattamente all'interno di questa zona grigia.
Il film sposta questo conflitto sociale in un conflitto familiare, personale e intimo, dove in una comunità avvelenata dall'interno, la mancanza di giustizia spinge il protagonista a esplorare il conflitto tra colpa e impunità.
La ricerca per questo film è iniziata quasi 15 anni fa, dopo aver girato un cortometraggio intitolato Polvere, che aveva una struttura drammaturgica simile. Quell'esperienza mi ha insegnato la complessità di questo tema e del viaggio dei personaggi. Entrambi necessitavano di un'immersione più profonda nelle dinamiche della vendetta/perdono, del nascondere/rivelare, del lutto/rinascita. Scavare a lungo in questi ambiti umani mi ha dato la possibilità di esplorare sentimenti estremi e inconsci, che sono alla base delle scelte dei personaggi durante la loro vita nel film. Come regista che ha lavorato nel campo dei documentari, sono sempre stato consapevole del potere che il realismo e l'autenticità possono avere all'interno di una struttura di finzione.
Anche se ci sono molti documentari e reportage che denunciano questa situazione, ho voluto affrontare questo tema da un altro punto di vista, concentrandomi sui sopravvissuti e sui loro sentimenti interiori.
In un ambiente in cui la giustizia umana non è in grado di condannare o stabilire la verità, cosa succede se la vittima e il colpevole si incontrano faccia a faccia, nella stessa stanza?
Quali sentimenti guideranno le loro azioni?
Fino a che punto ci si può spingere per soddisfare il proprio bisogno di giustizia e di pace?
Quante bugie si devono dire per nascondere le proprie azioni?
Una vittima può diventare un giudice?
È possibile trasformare la vendetta in perdono?
Esiste una via d'uscita dal dolore?
Queste sono alcune delle domande a cui questo film vuole rispondere.
Ivan Gergolet