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Note di regia di "Dive"


Note di regia di
“Volevo ritrarre un tuffo nei sentimenti più innocenti che ognuno di noi ha provato almeno una volta nella vita, quelli che ci rendono vivi nel senso più positivo del termine, in un mondo che sta perdendo la propria umanità. Dive è una stretta al cuore per ricordarci chi siamo, nel bene e nel male”.

Un tuffo nei sentimenti di due adolescenti in una realtà che sembra aver dimenticato cosa significa essere umani: questo è “Dive”, breve racconto per immagini che parte dalla fiaba per terminare con la realtà dei giorni nostri. Un cortometraggio di 12 minuti di genere romantico che vira nel drammatico con il preciso intento di tenere “out of frame” le questioni geopolitiche che invadono la quotidianità dei due protagonisti: una storia che mostra come i sentimenti che ci rendono vivi nel senso più positivo del termine sopravvivono in un mondo contemporaneo che attua la guerra, divide le famiglie e viaggia nella direzione opposta all’unione tra persone, lasciando cicatrici profonde nelle persone innocenti che subiscono traumi legati a quegli eventi.

Alcuni elementi visivi suggeriscono il periodo storico ma volutamente non lo dichiarano: un’enorme montagna in lontananza ci ricorda lo stato indipendente della Crimea, il cartello in doppia lingua (russa e ucraina) ci riporta alle pericolose spiagge di Odessa senza però distrarci dal vissuto silenzioso di “Roman” e “Julia”, moderni protagonisti shakespeariani che al posto di una pozione letale decidono di ribellarsi a ciò che li divide puntando su quello che di genuino provano l’uno nei confronti dell’altra. Non sappiamo nulla di loro ma intuiamo che pensieri bui spengono i loro sguardi: l’amore condiviso, il tumulto sessuale e l'incoscienza della giovane età allontanano peró ogni paura che attanaglia i loro cuori, e due amici che desiderano andare oltre quell’amicizia ballano su una spiaggia disseminata di mine anti-uomo, dimenticando tutto il resto. Non è importante sapere se quell’amicizia diventerà amore, così come non è importante avere conferme sui luoghi che li circondano: l’importante è vivere quel momento insieme a loro.

Il tempo e i sentimenti che Roman e Julia condividono vanno provocatoriamente in contrasto con la distruzione che il genere umano innesca ancora oggi con la guerra: i due si rincorrono felici sott’acqua dimenticando la drammatica situazione che li aspetta a casa così come fanno migliaia di persone innocenti che provano a continuare a svolgere una vita normale in territori sotto attacco, quando si ritrovano colti dallo shock improvviso di un bombardamento e non hanno neanche il tempo di pensare a cosa accade. Ogni guerra purtroppo porta con sé momenti del genere, e la mia intenzione era collocare lo spettatore in un momento simile.

Danyil e Veronika, gli attori protagonisti, mi hanno permesso di attingere al loro vissuto: oltre che giovani e talentuosi professionisti sono amici di lunga data e nativi di un luogo devastato dal conflitto. Sono stati generosi nel condividere ore e ore di riflessioni emotive su ogni singolo gesto che i loro personaggi compiono: abbiamo scandagliato l’affetto che li unisce e i sentimenti che li legano alla loro terra e alle loro famiglie, costruendo insieme il comune desiderio dei due personaggi di continuare a vivere quella spiaggia come casa piuttosto che come teatro di guerra.

Con un forte contrasto di temperatura colore volevo sottolineare la grande contraddizione dell’essere umano, che tende all’amore (generatore di vita, tonalità calda, favola) e allo stesso tempo viaggia verso l’autodistruzione (che porta alla morte, tonalità fredda, realtà). Attuo nel film questo passaggio cromatico in maniera invisibile proprio nel momento più intenso tra i protagonisti. Madre natura – che racconto sfruttando al massimo il vento e l’audio di presa diretta – è un personaggio invisibile, loro amica e inaspettata nemica, mentre l’anima musicale del film è cangiante come il vento che soffia durante il corto. Il cellulare è un “personaggio” importante che ci tenevo fosse in scena: è lo strumento capace di distrarre il mondo da ogni conflitto in atto sul pianeta e allo stesso tempo è il suo narratore. Lancia il famosissimo pezzo dei Ricchi e Poveri “Mamma Maria”, musica diegetica che spero diventi un inno di pace: un pezzo italiano popolare da generazioni nei paesi dell’Est Europa che desideravo regalasse ai ragazzi un momento che sa di futuro insieme. Racconta anche indirettamente i loro gusti musicali: che siano frutto di ascolti in famiglia o di remix moderni questo lo lascio immaginare allo spettatore. Dalle profondità del mare risale invece la musica extradiegetica “Mallenjimi”, canto antico kosovaro che accompagna il passaggio dei nostri protagonisti dalla meraviglia all’orrore. Il pezzo evolve da melodia a lamento: Elsa Lila, con arrangiamento del maestro Enrico Melozzi, ripropone in maniera appassionata il canto di un uomo nostalgico della sua terra, abbandonata per via della guerra. Il mix di lingue presenti (italiano, ucraino, kosovaro), cavalca l’idea di evocare metaforicamente tutte le guerre passate, presenti e future per universalizzare la riflessione sui tempi che viviamo: qualsiasi conflitto armato annienta la bellezza della vita che abbiamo la fortuna di vivere quotidianamente come comunità di esseri umani.


Lo storytelling visivo è caratterizzato da un’alternanza di quadri fissi – realizzati attraverso l’uso di lenti anamorfiche – che lasciano gli attori liberi di muoversi in un non-luogo affascinante, selvaggio e ferito. Lo spazio sott’acqua è una dimensione magica, dove l’attenzione dello spettatore si focalizza sul desiderio di Roman e Julia di toccarsi, allontanarsi e riavvicinarsi. Lì spazio e tempo non esistono, metaforicamente siamo dentro i loro cuori e osserviamo le reazioni dei corpi a quello che stanno provando. Campi lunghissimi in cui i due amici si rincorrono come animali anfibi, primi piani intensi che descrivono le loro emozioni, attraverso una macchina da presa che, per quanto sott’acqua e a mano, segue in maniera fluida i loro movimenti, come in una danza.
L’attenzione resta su Roman e Julia, sulla natura e sulle tracce che lasciano i loro piedi sulla spiaggia. Qualunque sia l’epilogo di questa storia non è importante saperlo, quegli eventi sono comunque un prezzo che mai nessun innocente dovrebbe pagare.

Aldo Iuliano


Altre note di regia

SU DIVE
Spero che questo cortometraggio apra il cuore delle persone, faccia riflettere su che tempi viviamo, e quanto è importante ricordarci chi siamo.

SULLA FILMOGRAFIA
Il cinema ha il grande potere di togliere il tempo dalle nostre vite, per farci riflettere sulle nostre emozioni. Con i miei film ho sempre tentato di ritrarre come i sentimenti umani mandano avanti la vita indipendentemente dal motore illusorio del tempo.

SULLA SELEZIONE A VENEZIA 80
Avere la prima mondiale alla Mostra del Cinema di cinema di Venezia mi riempie il cuore di gioia. Orizzonti è una sezione competitiva che con coraggio ha sempre proposto opere di ricerca estetica e narrativa ed è la premiere migliore che poteva ricevere questo cortometraggio. Auguro a Dive di fare il giro del mondo e schockare per l'amore condiviso che Danyil e Veronika mostrano l'uno all'altra in un periodo storico dove stiamo dimenticando cosa significa essere umani.

SUGLI ATTORI
Negli occhi e nel cuore dei miei due attori protagonisti ho trovato la chiave visiva per costruire la bellezza della loro relazione, l’evoluzione minuto dopo minuto delle loro emozioni. Conobbi Veronika e Danyil a Roma, su suggerimento di un giovane amico produttore di New York. Mi innamorai della loro interazione, della loro amicizia di 6 anni, delle loro storie di vita. Ho tentato nella maniera più onesta possibile di ritrarle.

SULLA PRODUZIONE
Davide Mogna con la sua NewGen Entertainment è stato lungimirante, coraggioso e appassionato nel tuffarsi con me in questo racconto: ho ricevuto da parte sua piena libertà espressiva e continuo dialogo creativo. Da parte mia ho sempre offerto assoluta disponibilità nell'andare incontro a tutti gli snodi produttivi più complicati, adattando in corsa lo storytelling man mano che il set faceva i conti con la natura e il suo clima cangiante. Questa sinergia ha creato un ponte tra generazioni cinematografiche che sa di futuro: su questo corto hanno lavorato maestranze pluripremiate ma anche e soprattutto giovanissimi. Dunque Dive personalmente ritengo meriti un plauso anche per questo spirito di collaborazione votato all'artisticità dell'opera in un periodo storico di costruzioni narrative e relazioni professionali dettate solo da freddi algoritmi di mercato. Ovviamente ringrazio anche tutti i coproduttori, gli artisti e le maestranze che mi hanno affiancato nel mettere in scena questo tumulto di sentimenti. Senza di loro sarebbe stato impossibile afferrarli.

SULLA SCENEGGIATURA
Tutto è partito dalla penna di mio fratello Severino, sceneggiatore acuto e volto alla sintesi narrativa, capace di trovare sempre fortissimi high concept per ritrarre la realtà. Mi ha regalato una storia semplice ma piena di significati, su cui sono riuscito a innestare la mia visione cinematografica dell’amore in un momento storico-politico in cui si parla sempre più di morte piuttosto che di vita. Severino fu ispirato da una serie di video online che mostravano la complicata situazione sulle spiagge di Mykolaiv e Odessa, il paradosso di un governo costretto a mettere a repentaglio la vita dei propri abitanti pur di contrastare l’arrivo di una potenziale minaccia dal mare. Mi colpì il coraggio delle persone di continuare la normale frequentazione di quei luoghi cari, la convinzione di non abituarsi alla paura, il coraggio di difendere la personale libertà di viversi il quotidiano sfidando silenziosamente la pericolosità di quella sabbia. Da lì è arrivata l’idea di “seguire le orme” di due adolescenti che nel mio immaginario vedo come due moderni Romeo e Giulietta, desiderosi di giocare piuttosto che lasciarsi abbattere da ciò che accade intorno. Ho fatto un lungo viaggio di ricerca insieme a Severino per mettere in scena nella maniera più sincera e sentita possibile tutto questo.
SULLA FOTOGRAFIA
Daniele Ciprì arriva ogni volta ad abbracciare in maniera inedita il mio storytelling dopo lunghe discussioni a proposito di cinema: non smetterò mai di ringraziarlo per le sue idee di luce. Su Dive l'ispirazione visiva per iniziare a immaginare l'avventura acquatica dei nostri protagonisti mi arrivò dalla visione dei quadri di Diefenbach a Capri: subito chiamai Daniele e gli inviai le foto dei dettagli dei quadri dell’autore che più rubavano la mia attenzione, e ne discutemmo a lungo. Volevo lavorare sul buio e sulle tonalità del blu e del verde, e anche in Dive - come in tutti i lavori precedenti in cui abbiamo collaborato - inseguivo la sperimentazione. È così che è nata la scena sott’acqua.

SUL MONTAGGIO
Il lavoro di Marco Spoletini è stato preziosissimo sin dalle prime letture dello script. Mi trovo benissimo a lavorare con lui, il montaggio che attua è invisibile e fondamentale, sempre votato alla comprensione della storia, che non considera mai scontata mettendosi nei panni dello spettatore. Con mio fratello Severino dialoga benissimo quando si tratta di prendere decisioni nella fase finale di editing che si ripercuotono sulla sceneggiatura: hanno lo stesso approccio di sintesi narrativa, sempre al servizio della storia. Scandagliano le mie visioni e sintetizzano le mie proposte creative più ardite senza mai perdere la libertà di mettersi in discussione quando qualche coraggiosa digressione visiva che metto in campo arriva ad “allargare” il tempo filmico. In Dive volevo rendere i due protagonisti due animali acquatici: il tempo doveva sparire, la loro apnea non doveva esistere. In quel caso il montaggio ha seguito totalmente il tumulto di emozioni dei protagonisti, rendendo la musica voce narrante di quella sequenza.

SUL SOUND DESIGN
Ogni suono ho chiesto di lavorarlo a partire dallo studio dei video di guerra amatoriali che girano in rete. Internet distrae dal reale ma allo stesso tempo racconta la guerra al resto del mondo: non sono mai stato in un teatro di guerra e non ha mai ascoltato realmente quei suoni, volevo essere il più onesto possibile con me stesso e con chi si ritroverà in sala a pensare a quello che ha visto, restituendo attraverso la fantasia - ma non in maniera “falsa” - le emozioni che ho assorbito sia dai racconti reali che dalla rete.