CANNES 77 - I DANNATI, nascita di una nazione
Lupi famelici sbranano la carcasse di un animale, senza rispondere ad altro che al loro istinto: uccidere per non morire, agire per stimolo e non per ragionamento. Un gruppo sparuto di soldati durante la guerra di secessione degli Stati Uniti, nel 1762, vaga nella prateria senza apparente meta: sono volontari, partiti con una convinzione che ora sul campo faticano addirittura a ricordare.
Roberto Minervini, regista italiano da anni ormai residente oltre oceano, continua a indagare con il suo sguardo esterno (ma posizionato ormai all'interno) sulle dinamiche di un Paese complesso e centrale per gli equilibri del mondo, per la prima volta andando indietro nel tempo e adottando gli stili della finzione, abbandonando almeno in parte i suoi "quasi" documentari degli esordi.
Camera (spesso imbracciata dallo stesso regista) vicinissima ai soldati, ai loro volti e ai loro gesti (e ai loro tanti discorsi, più o meno concludenti): intorno a loro è tutto sfocato, il nemico (che spesso è addirittura ormai invisibile, ma non per questo meno temibile) e anche il territorio per il quale rischiano la vita ad ogni passo, ormai è irriconoscibile.
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I Dannati" di due secoli e mezzo fa sono poco diversi dalla contemporanea "white trash" (termine spregiativo con cui si allude al proletariato USA meno colto) dei suoi lavori precedenti: in una nazione sempre più polarizzata e alla vigilia di elezioni che potrebbero aumentare in modo definitivo le distanze (si pensi anche al coevo "Civil war" di Garland, che sempre da questo clima nasce), è un italiano a cercare qualche ragione possibile per spiegare ciò. Che la trovi, è una speranza vana.
17/05/2024, 08:08
Carlo Griseri