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VENEZIA 81 - "Familia", quando il male si nasconde a casa propria


Dopo "Una femmina", Francesco Costabile torna con una convincente opera seconda, in concorso in Orizzonti.


VENEZIA 81 -
Nel suo capolavoro ‘Anna Karenina’, Lev Tolstoj sosteneva che “tutte le famiglie felici si somigliano, ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo”. Diverse sono le cause alla base dell’infelicità di un nucleo familiare, ma molte, troppe di quelle storie, sono spesso accomunate dal solito, unico denominatore, la violenza.

Dopo il notevole esordio con “Una Femmina”, Francesco Costabile torna ad esplorare il lato più oscuro dell’umanità con “Familia”, presentato in concorso nella sezione Orizzonti dell’81° Mostra del Cinema di Venezia, e ispirato a fatti realmente accaduti, raccontati da Luigi Celeste nel romanzo autobiografico ‘Non sarà sempre così’.

Luigi e Alessandro sono due piccoli fratelli che vivono un incubo quotidiano fra le mura domestiche: quando giunge la sera, il nido si trasforma in spaventosa gabbia, all’interno della quale il padre dà sfogo ai più rabbiosi impulsi sull’anima e sul corpo della moglie, segnando profondamente la loro infanzia. La violenza genera violenza, e dieci anni dopo, proprio mentre l’uomo sembra finalmente sparito dalle loro vite, Luigi si unisce a un gruppo neofascista, continuando ad immergersi nella tossicità. Ma l’erba cattiva non muore mai, così il lupo cattivo torna furbescamente a trovare spazio nella tana, cavalcando la paura e l’incapacità di denunciare. E allora l’unica arma possibile per sradicare le radici del male sembra la violenza stessa.

Senza edulcorare o nascondere nulla allo spettatore, Costabile sbatte il mostro in faccia a chi lo guarda, optando per una regia glaciale e incendiaria al tempo stesso, capace di creare momenti di tensione che sfiorano l’horror psicologico, grazie anche ad un sapiente utilizzo di una colonna sonora fatta principalmente da archi, che aiutano ad incupire l’atmosfera.

Il regista costruisce sul corpo e lo sguardo rabbioso di un grande Francesco Di Leva, uno dei personaggi più ripugnanti che il cinema italiano abbia raccontato negli ultimi anni, facendo luce sul virus letale del patriarcato che attraverso la costruzione di legami nocivi e manipolatori, trova la sua più naturale espressione nella violenza di genere.

Se in “Una Femmina” la protagonista trovava da sola la forza di reagire ad un triste destino segnato dalla 'Ndrangheta, questa volta la salvezza parte da un abbraccio amorevole, quello che i figli destinano ad una madre mai abbandonata a sé stessa. Perché l’unica medicina possibile per provare a curare quel male, è l’amore più profondo.

Familia” spaventa, inquieta, convince, grazie alla sensibilità e all’ottima capacità di racconto di un regista giunto solo alla sua seconda opera, ma già maturo.

01/09/2024, 21:19

Antonio Capellupo