Note di regia del documentario "Paradise Lost"
Le recenti scoperte scientifiche, che prendono le mosse dagli studi di Susanne Simard, hanno dimostrato che gli alberi sono molto di più di quello che pensiamo, sono esseri dotati di una complessa struttura sociale e comunicano tra loro, grazie ad una rete sotterranea di relazioni, in grado di generare mutua assistenza e la gli elementi della foresta mostrano un atteggiamento altruistico orientato per il bene comune. Mentre solitamente tendiamo a pensare alle piante come organismi statici e solitari, la realtà è che esse sono in costante dialogo tra loro, scambiando informazioni e aiutandosi reciprocamente ad affrontare le sfide ambientali.
Partendo da questo presupposto il documentario narra una straordinaria storia narrata da un albero che racconta la vita propria e dei suoi fratelli, ambientata nello spettacolare ambiente d’alta quota delle alpi italiane, illustrato da una fotografia ispirata da un amore incondizionato.
Il giovane albero ci parla della sua connessione con il bosco ma, facendo riferimento al patrimonio culturale che partendo dalle visioni animistiche degli antichi, culmina con il pensiero teosofico contemporaneo, citando, tanto per fare un nome Rudolph Steiner, si allarga allora alla relazione con gli Esseri Elementali che lo circondano. In particolare nella narrazione si fa cenno ai “Grandi Esseri della Montagna”, un ‘Entità Spirituale immaginata dal regista, che tutto governa ed equilibra in quei luoghi in gran parte incontaminati sin dalla notte dei tempi.
Ghiacciai, vertiginose pareti di granito, torrenti e cascate spumeggianti, boschi e pascoli alpini che ospitano creature animali e vegetali particolarissime, sono gli ambienti estremi che fanno da sfondo alla narrazione.
Incontreremo, in una cavalcata che supera le barriere temporali, i primi uomini che in era preistorica hanno abitato la grande montagna e con essa, si sono rapportati riconoscendo in lei un essere sacro con cui entrare in relazione, ma incontreremo anche l’uomo di oggi, che invece ha fatto della montagna un territorio di conquista.
Oggi, quasi ovunque, più che vivere la montagna si tende a sfruttarla con progetti volti a “potenziarla”, quando la stessa idea di migliorarla, di aggiungerle del valore con faraoniche opere di interesse turistico in realtà non fa altro che depauperarla della sua straordinaria peculiarità. Le Alpi sono uno degli ultimi spazi non completamente antropizzati in Italia ed Europa e queste zone rappresentano l’ultima riserva di “wilderness” dei nostri territori. L’ambiente montano, secondo una visione evoluta, non ha alcun bisogno di essere valorizzato dall’attività speculativa umana, se non con interventi mirati e limitati. Le sue assolute, enormi valenze stanno nella sua stessa esistenza in quanto ambiente unico ed irripetibile, nel suo paesaggio, nella sua cultura.
Il finale della narrazione però ci descrive una nuova realtà fatta di donne e di uomini con una sensibilità diversa, nei riguardi della montagna e dei suoi valori ambientali ed in qualche modo spirituali.
Un “Uomo Nuovo” che si avvia verso un futuro rispettoso e energeticamente connesso al pianeta, dove gli immensi silenzi dell’universo alpino esprimono la poesia dolcissima di un futuro migliore, dove gli spazi vuoti sono pieni di contenuti e del profumo di una infinita bellezza.
Mirko Bosio