Note di regia di "Trasparenze"
Durante il laboratorio di ripresa e sviluppo in 16 mm tenuto da Labbash Film a Trieste mi sono recato presso la Risiera di San Sabba, un luogo che avevo fino ad allora solo sentito nominare. La sensazione che ho provato una volta arrivato non è facile da descrivere, ma ha in qualche modo a che fare con il senso di conservazione del ruolo terrificante che quelle mura hanno ricoperto in passato, un ruolo che ha finito per sovrapporsi alla fisicità della loro materia. Una pietra non è più solo un pietra, ma un tassello da cui partire per costruire una macchina di oppressione e morte. Riflettendo nei due giorni successivi ho però realizzato che questa cristallizzazione del male che mi aveva investito così istintivamente, rischiava di essere fin troppo semplicistica. Ho pensato a quanto è complessa e ambigua la storia, a come una domanda possa avere dieci risposte diverse che si contraddicono l’una con l’altra, e ho concluso che qualsiasi cosa avrei fatto in quel poco tempo concessomi per realizzare questo film, doveva essere il più possibile lontana da un’idea retorica di rappresentazione del male.
Forse le persone che nella storia del cinema e della letteratura del Novecento sono riuscite meglio in questo intento sono state, quanto meno a parer mio, Jean Marie Straub, Daniel Hulliet e Jean Baudrillard. Questo cortometraggio arriva a loro come punto d’approdo, ed è un tentativo di discorso sul come poter continuare a parlare di male senza diventare ovvi e inutili.
P.s. Grazie a Camilla per aver mostrato se stessa in nuove avventure.
Mario Blaconà