IL MIO NOME E' BATTAGLIA - Il 6 gennaio in seconda serata su Rai 3
Letizia Battaglia ha fatto della sua vita una conquista e della sua arte un impegno permanente: ha documentato i crimini della mafia, denunciato la corruzione, reso visibili gli emarginati, colto la tenerezza dei bambini e la resilienza del corpo delle donne.
Il documentario “
Il mio nome è Battaglia”, scritto e diretto da Cécile Allegra, in onda lunedì 6 gennaio 2024 alle 23.10 su Rai 3, ripercorre la vita di Letizia Battaglia, cercando di ritrovare nei suoi scatti il mondo e l’umanità svelati dal suo sguardo. Sposata a sedici anni, la Battaglia si è trovata prestissimo rinchiusa nel suo ruolo di donna e madre nella Sicilia patriarcale degli anni ‘60. Dopo una grave depressione, scopre la psicoanalisi, divorzia e parte per Milano dove fotografa la rivolta dei movimenti studenteschi e la vita quotidiana degli emarginati. Nel 1974, viene richiamata in Sicilia dal giornale "L'Ora": quel periodo, nel clan dei Corleonesi, Toto Riina, Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella si combattono per la conquista del potere, e Palermo vive anni di sangue.
Letizia vive "in apnea", macchina fotografica al collo, telefono collegato 24 ore su 24, sempre pronta a saltare sul suo scooter per coprire i crimini mafiosi. Donna in un ambiente di uomini, diventa una delle poche a passare i cordoni di sicurezza. Fotografa i morti, ma documenta anche i danni collaterali: la quotidianità della malavita, le donne in lutto, i bambini con un destino fragile, tutto un popolo divorato dalla povertà. Rende visibile l'invisibile, dà un volto alle vittime, ma anche ai criminali, e a coloro che li combattono.
Negli anni '80, poi, segue il lavoro del pool antimafia dei giudici Falcone e Borsellino, documenta gli arresti e i processi dei mafiosi, misura il prezzo da pagare. Mentre i "giustizieri" antimafia vengono assassinati uno dopo l'altro, lei stessa riceve minacce di morte. A partire dal 1987, si impegna in politica a fianco del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, per combattere la corruzione. Cerca di ridare vita ai quartieri storici, di salvarli dall'abbandono e dalle speculazioni immobiliari della Piovra. Si avvicina agli abitanti più disagiati, prostitute, piccoli delinquenti, bambini di strada, tutti prigionieri della città che ama. È volontaria presso l'ospedale psichiatrico di Palermo, e accoglie una delle giovani internate, una schizofrenica abbandonata dai genitori.
All'inizio degli anni '90, comincia una dolorosa discesa agli inferi: il giudice Falcone viene assassinato ed è sul posto quando il giudice Borsellino viene assassinato a sua volta. Letizia si rifiuta di fotografare la scena. Traumatizzata, decide di non recarsi mai più sulle scene del crimine. Il giornale L'Ora chiude i battenti, sua madre muore. Letizia, allora, parte per un viaggio in Groenlandia per cercare di dimenticare il suo passato e i suoi "archivi di sangue". Di ritorno a Palermo, poi, cerca di ricostruirsi: ora fotografa solo i bambini e le donne, queste siciliane che, in prima linea nella lotta antimafia, rappresentano per lei una speranza di pace e giustizia. Nel suo progetto “Rielaborazioni”, sovrappone ai suoi archivi insanguinati corpi femminili poetici e nudi, simboli di un futuro possibile, riparato.
Prodotto da Zenit Arti Audiovisive e Nilaya Productions, in collaborazione con Rai Documentari, France Télévisions e Histoire Tv, “Il mio nome è Battaglia” ha avuto il sostegno di Centre national du cinéma et de l’image animée, Procirep - Société des producteurs et de l’Angoa, Film Commission Torino Piemonte - Piemonte Doc Film Fund, Mic - Ministero della Cultura.
05/01/2025, 17:53