Sinossi *:
"The Music Hall of Rome", progetto cinematografico prodotto dall’Ascent Film, diretto da Serafino Murri e Andrés Arce Maldonado e realizzato con l’apporto dell’Università “La Sapienza” e di Rai Cinema, è un documentario musicale che vede la città di Roma protagonista, ricordata con l’espressione emblematica e cosmopolita di “Metropolitan Music Hall”.
La Città Eterna come grande teatro: le sue strade, gli angoli delle piazze, i ristoranti e i mezzi di trasporto come un palcoscenico quotidiano. Musicisti professionisti, con una carriera discografica e musicale, che non rinunciano al contatto con la gente, alla sorprendente esperienza della strada. Alcuni di loro lavorano solitari, altri in gruppo. C’è chi è nato e cresciuto nella capitale, chi è arrivato da altri continenti. Chi alterna la passione musicale ad altri mestieri, chi recupera nella strada l’isolamento o la routine della professione musicale. “Metropolitan Music Hall” narra storie di musicisti dei generi più disparati che si confrontano con una città in cui il mosaico di culture e linguaggi diventa sempre più complesso e sfaccettato. Musicisti eccellenti, eclettici, spesso sorprendenti. Un gruppo di Rom (tra cui membri del gruppo di Moni Ovadia) che si esibisce in uno scatenato gypsy-jazz a Campo De’ Fiori. Ami Buz, menestrello e polistrumentista romano, re dei Buskers della capitale e protagonista di battaglie per i diritti dei musicisti itineranti, che si esibisce a Via dei Giubbonari con strumenti da lui stesso creati. Un gruppo di musicisti andini, i cui leader, due fratelli ecuadoriani di neanche trent’anni, durante la settimana lavorano come metalmeccanici e registrano i loro dischi, e nel fine settimana recuperano la magia delle melodie del proprio paese esibendosi ai Fori Imperiali. Il gruppo Funky-Jazz dei Funkallisto, venti-trenenni trasteverini doc, che tra la registrazione di un disco e una tournée non rinunciano all’appuntamento con una folla notturna di ventenni che inonda Ponte Sisto, dove allestiscono un vero e proprio sound-system, per ballare al suono della loro musica. Accanto a loro il chitarrista russo Taras, il tenore catanese Antonio, il chitarrista flamenco Mario che accompagna la cantante Betty, tutti abituée di Piazza Navona, dove scandiscono la giornata in “turni” di esibizione in determinati angoli della piazza. E con loro, segnale deciso dell’integrazione tra culture, il percussionista senegalese Ismaila, che si esibisce da solo al Circo Massimo con i suoi tamburi, e ci guida in una scuola elementare di Labaro dove insegna Cultura Africana: centinaia di bambini con vestiti tipici africani, che suonano tamburi, intonano canti e si esibiscono in danze tradizionali del Nord Ovest Africano.
Accompagniamo gli artisti per le strade della loro vita privata e per quelle del lavoro, affidato a quel briciolo di fascino che la propria arte può suscitare in chi si trova a guardare per caso, passando. Ne scandagliamo le scelte di vita come quelle musicali, e capiamo che non si tratta di un ripiego, ma della più grande delle possibilità offerte dall’incanto della musica, che viaggia senza passaporto e senza contratto: la propria libertà espressiva. Una scelta di dignità, mai rassegnata: al contrario, piena di vita al di là delle difficoltà quotidiane o degli sguardi intolleranti di chi considera tutto ciò che non è ufficiale clandestino. Scopriamo insieme a loro una realtà musicale inattesa, un mondo di artisti di ogni età, sesso, religione e credo politico che comunica grazie a contatti, collaborazioni e regole, e che vive come una efficiente organizzazione di tempi e di spazi il grande spettacolo quotidiano ambientato negli angoli più suggestivi del teatro che è Roma. Uno spettacolo sorprendente e imprevedibile come la strada, che lo sguardo frettoloso, spesso, coglie solo casualmente.



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