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BIOGRAFILM 19 - Vite non CalcolateSinossi *: Un ex professore non trova più motivo di stare al mondo, prende un treno e si trova a Genova, sulla riva di un gelido mare invernale. Finisce in un’antica abbazia che ospita i disperati senzacasa, il Boschetto. In attesa del direttore per essere accolto, gira tra i chiostri rimuginando sulla vita: è scritta fin dalla nascita o è tutto un caso fortuito? E incontra via via gli ospiti, parcheggiati lì, in un limbo che accoglie e non giudica; gli raccontano i loro casi: un carabiniere, una contessa, un ferroviere, un mozzo di nave; un’umanità intera, nella sua variopinta diversità, come nel retropalco del teatro del + mondo.
Esce rimarginato, come fosse estate, per vivere quel che gli resta.
Note:
IL LUOGO E L’IDEA
«Il tesoro racchiuso nell’Abbazia di San Nicolò al Boschetto – dichiara Sergio Maifredi, ideatore del film e regista insieme a Ermanno Cavazzoni - sono le storie di chi la abita. Storie comuni eppure speciali: sono quel baratro che abbiamo sotto i piedi; uno scricchiolio, la barca si spezza e ci si ritrova naufraghi nel grande teatro della vita. Poco importa che le storie siano vere o meno. Sono verosimili e tanto basta.
All’Abbazia di San Nicolò del Boschetto sono approdato due anni fa grazie a Barbara Grosso, allora assessore alla Cultura del Comune di Genova, e a Giacomo Montanari che me la fece scoprire, rivelandomi la bellezza nascosta tra le costruzioni della Genova industriale. Marco Pirotta, il direttore della Comunità di Don Orione al Boschetto mi ha guidato con umanità e delicatezza a conoscere gli ospiti e Roberta d’Ambrosio, architetto, mi ha rivelato la storia inscritta nelle sue pietre».
L’Abbazia di San Nicolò del Boschetto è un complesso monumentale risalente al XIV secolo, situato sulle pendici della collina di Coronata, non lontano dalla sponda destra del torrente Polcevera. Ancora prima e per secoli è stata una tappa importante sul cammino di uomini e merci sulla via Postumia, che collega il mare Ligure al mare Adriatico, luogo di transito per pellegrini e commercianti provenienti da tutta Europa. Nel 1410 venne affidata ai benedettini che intorno alla chiesa costruirono il grande complesso del monastero che oggi vediamo. Nel 1960 l’Opera Don Orione ha ricevuto in donazione il complesso dall’ordine Benedettino. Un’ala dell’edificio fu allora adattata a “Casa dell’Operaio”. Nelle numerose celle spartane hanno trovato ospitalità tanti operai sradicati dal proprio paese per guadagnarsi il pane in una città sconosciuta. Questa tradizione di solidarietà prosegue oggi con l’offerta di spazio a lavoratori trasfertisti, lavoratori indigenti, nuclei familiari in situazione di disagio abitativo, nucleo familiare madre – bambino, genitori separati adulti inseriti in progetti di reinserimento sociale proveniente dal carcere o in pena detentiva alternativa, ragazzi provenienti dall’igiene mentale, rifugiati politici e categorie con problemi alloggiativi non rientranti in patologie legate alla dipendenza ed autonomi nella gestione delle attività quotidiane.