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CALDO GRIGIO, CALDO NERO - Finita la pioggia, finito l'allarme-
VENEZIA 2011: "Caldo grigio, Caldo nero", il ricordo di una tragedia recenteSinossi *: A Sud di Messina, il 25 Ottobre 2007 è una giornata come tante altre, scaldata dalla coda estiva siciliana. I palpiti e le geometrie che da molti anni scandiscono il ritmo della quotidianità vengono improvvisamente stravolti da un mesociclone che provoca, senza mietere vittime, danni e distruzione.
È solo il preludio della tragedia del 1° Ottobre 2009.
È pomeriggio inoltrato. La luce cede precocemente il posto al buio. Nella sonnolente atmosfera della loro casa, un nonno sonnecchia accanto alla nipotina di circa otto anni che, con timore crescente, osserva il cielo caricarsi di nuvole minacciose. Si scatena l’inferno e stavolta la violenza del nubifragio è di ben altra portata. Alla fine si conteranno 31 vittime e 6 dispersi.
Soccorsi. Feriti e cadaveri sotto montagne di fango e macerie...
Funerali di Stato. Solidarietà, contestazioni. Gira la giostra delle colpe. Rimbalzano cifre, dichiarazioni di tecnici e politici. Tutti responsabili, nessun responsabile.
Dopo un anno e otto mesi il quadro non muta. A parte gli interventi sulla “messa in sicurezza” della collina assassina, i paesi sfigurati mostrano i doppi segni della morte e dell’abbandono.
Il film si chiude con la notizia al TG dell’ennesimo nubifragio nelle stesse zone colpite. Siamo a marzo 2011, periodo in cui il Governo Nazionale blocca i fondi Fas per la Sicilia.
Note:
Si scrive Giampilieri, si legge: Scaletta, Altolia, Molino, Briga e villaggi limitrofi.
Paesi della costa ionica in provincia di Messina che il 25 Ottobre 2007 subiscono un violento nubifragio che li porta alla paralisi per i tanti danni subiti. Nessuna vittima. Silenzio. I media non ne parlano: se non ci scappa il morto, ai giornali e alle tv non interessa niente. Grida di allarme, invece, si alzano dalle comunità interessate. Invocano la messa in sicurezza delle colline, sulle cui coste sono incastonati da secoli i loro antichi “casali”... (continua). Nessuno le ascolta. Impluvi, scoli torrentizi, fiumare, numerose fiumare in questo tratto di Sicilia, continuano a soggiacere nell’incuria, nel degrado, nel totale abbandono. Nemmeno un accenno di ordinaria manutenzione. Nel 2008 si provvede con 45 mila euro di spesa a piazzare, su una limitata parte della collina di Giampilieri, un po’ di gabbioni (pietre compattate nella rete metallica).
Il 1 Ottobre 2009 la tragedia annunciata: numerose case spazzate via dalla furia di circa 80 mila metri cubi di fango. Strade, autostrada, linea ferroviaria, interrotte per oltre una settimana. Scattano i soccorsi (si parla di circa duemila agenti dei vari Corpi), Protezione Civile, Vigili del Fuoco, associazioni di volontariato, Croce Rossa… Non scatta, come per altre simili tragedie, la solidarietà degli Italiani. Non può scattare, giacché il messaggio mediatico frettolosamente diffuso parla di ignoranza e abusivismo quali cause principali del disastro. Dunque, chi è causa del suo male pianga se stesso. Alla fine si contano 31 vittime, 6 dispersi, 1098 sfollati in alberghi, 502 in case private e alloggi di fortuna. Ovviamente, ne parlano i giornali, i telegiornali, le trasmissioni televisive. Si radunano in zona tutti i corvi del tubo catodico (e i politici che lo frequentano) a cibarsi di primizie, fino a quando satolli abbandonano le macerie, facendo scendere su di esse buio e silenzio. Berlusconi parla di “new town”, fabbricati da realizzare in pochi mesi come in Abruzzo.
Intanto, circa quattromila cittadini di un pezzo della civile Italia rimangono sparpagliati in luoghi estranei e con l’incubo di non poter più rientrare in paese. Perizie: zona verde (abitabile), zona gialla (a rischio), zona rossa (inabitabile), zona viola (da abbattere prontamente). Inizia a girare la giostra dei numeri. Cifre stanziate e da stanziare. Politici, tecnici e alti funzionari si rimbalzano le responsabilità quando non antepongono scudi a fare quadrato attorno a sé. Tutti responsabili, nessun responsabile. Si parla di cifre rilevanti: 500/600 milioni di euro per la ricostruzione e la messa in sicurezza di tutta la zona colpita dall’alluvione.
Il Governo centrale promette i fondi necessari. Il premier Berlusconi interviene via telefono durante la messa di Natale celebrata nella chiesa di Giampilieri. Dispensa ottimismo, il Governo non abbandonerà nessuno.
Attraverso la Regione Sicilia arrivano 60 milioni di euro. Si aprono i cantieri per le opere di massima urgenza, gestiti dal benemerito Genio Civile di Messina nella persona dell’ingegnere capo Gaetano Sciacca.
Febbraio 2010. Scendono in campo gli artisti: nasce il Museo del Fango. Si mettono in campo gli strumenti della creatività per rimuovere il fango materico e quello impalpabile. Si cerca di fare della tragedia un’occasione di rilancio culturale ed economico. Mostre, dibattiti, cinema, teatro, musica, belle pagine di solidarietà e partecipazione. Il Museo attende ancora una sede stabile.
1° Ottobre 2010, primo anniversario: non manca nessuno delle istituzioni locali e regionali. A Giampilieri si scopre un discutibile monumento in memoria delle vittime. La tromba suona il silenzio e la folla assiepata contiene dignitosamente commozione e rabbia. Si esibisce un plastico della vallata di Giampilieri che rimodula l’assetto urbanistico del paese. Il progetto è dell’architetto Marco Navarra. A tutt’oggi rimane un progetto.
A Scaletta Zanclea, l’area del torrente Racinazzi, rimosse le macerie e abbattute le case pericolanti, è divenuto uno slargo pietroso e spettrale. Via Puntale di Giampilieri, epicentro della frana assassina, è ammantata di sterpi ed erbacce.
Dopo un anno e otto mesi, nulla è cambiato. Anzi, sì, qualcosa è cambiato o, per meglio dire, qualcosa di antico si è riaffacciato: nel marzo 2011 un violento nubifragio ha colpito nuovamente le stesse aree, coinvolgendo altri paesi più vicini a Messina. Altri danni, stessi volti segnati dalla stessa paura. Per fortuna niente vittime.
Nel maggio 2011, il Governo centrale blocca i fondi F.A.S. – circa 300 milioni – per la Sicilia, parte dei quali destinati alla ricostruzione.
Marco Dentici