NATALE COL BOSS - Il ritmo giusto del cinepanettone
È il miglior film di Natale quello targato
De Laurentiis. Come lo scorso anno affidato a
Volfango De Biasi in regia, ma soprattutto a Lillo e Greg, fantasisti capaci di offrire giocate geniali ai compagni e di finalizzare con frequenza loro stessi. Metafore calcistiche che ci stanno tutte in questo "
Natale col Boss", pensato e scritto in maniera nuova da sceneggiatori che non hanno bisogno di giustificare tutto con il solito "è lo specchio dell'Italia" ma che fanno della fantasia e del non-sense la loro cifra stilistica e che, soprattutto, non considerano gli spettatori come degli idioti ai quali bisogna suggerire ogni cosa.
Lo spunto sembra banale ma si sviluppa in maniera divertentissima: il boss della camorra viene smascherato e decide allora di cambiare faccia. Rapisce due chirurghi plastici milanesi, li porta a Napoli e li costringe a trasformare la sua faccia in quella di Di Caprio. Ma i dottori,
Lillo e Greg, sono due cialtroni, capiscono male e gli rifanno il volto identico a quello di Di Capri,
Peppino Di Capri.
Da quel punto tra fughe, scambi di persona e la parallela storia di due poliziotti che cercano il boss (
Francesco Mandelli e Paolo Ruffini) il film non si ferma un momento, sostenuto dalle gag di
Lillo e Greg, dalle demenziali situazioni di
Mandelli e Ruffini, dalla bravura degli altri interpreti come
Giulia Bevilacqua o Michela Andreaozzi (bravissima nei panni di una cliente dei chirurghi completamente "rifatta"), e anche dalla disponibilità dello stesso
Peppino Di Capri nei panni di se stesso e in quelli del boss, il quale, dopo un po', comincia a gradire la dolce vita del cantante famoso.
Di Biasi gestisce tutto con maestria e ritmo, dimostrando di aver acquisito maturità anche rispetto al film della scorsa stagione. Un plauso agli sceneggiatori: lo stesso
Di Biasi, Alessandro Bencivenni , Francesco Marioni, Tiziana Martini, supportati dalle evidenti situazioni e battute di
Lillo e Greg.
Un film di Natale diverso che supera di slancio i Pieraccioni, i Boldi e i De Sica rendendoli chiaramente obsoleti e proponendosi come momento di possibile riinascita di un cinema più intelligente, legato alle persone piuttosto che a una presunta "fotografia della realtà".
16/12/2015, 08:42
Stefano Amadio