Sinossi *: Cristiano Lucarelli è un calciatore anomalo. La storia del calcio si allontana sempre di più dal piacere del gioco, per ritrovarsi dominata completamente dalle regole dell’industria e da uno schiacciante conformismo che tende ad un’uniformazione generale dei modi e dei pensieri: Lucarelli fa parte di quei rari esempi di calciatori che hanno scelto di uscire dal copione, per il piacere di giocare per giocare.
Il destino del giocatore è quello di essere in mano a imprenditori che lo comprano, lo vendono, lo prestano, in cambio di promesse di fama e denaro. Lucarelli non ha accettato questa prigione dorata e ha seguito il suo desiderio di bambino, vestire la maglia amaranto della sua città e correre sul prato dell’Ardenza. All’apice della sua carriera rifiuta un miliardo di lire l’anno e un futuro certo per inseguire il sogno di riportare il Livorno in A dopo un’assenza di 55 anni.
Non si può scindere la partita dalla vita, come ricorda un coro degli ultras livornesi, come se lo stadio non fosse altro che una metafora di qualcosa di più ampio, una parte per il tutto.
La maggior parte dei calciatori parlano di orologi e di automobili, ma Lucarelli è figlio della sua Livorno, una città diversa: una città popolare, passionale, diffidente e orgogliosamente “rossa”, che si snoda tra i cantieri navali e le gradinate dell’Ardenza; la storia del calciatore non può che fondersi e confondersi con quella della sua città, così come le parole e le dichiarazioni del numero 99 non possono che essere in linea con gli striscioni e i cori delle Brigate Autonome Livornesi (peraltro costrette a sciogliersi a seguito della pesante repressione nei loro confronti).
Per un livornese la visione del mondo è “Livorno-centrica”: meglio disoccupati all’Ardenza che ingegneri a Milano, e primo interprete di questa filosofia di vita è Maurizio Lucarelli, portuale livornese e deus ex machina delle scelte del figlio.
Non è di Livorno Carlo Pallavicino, il procuratore di Cristiano. Secondo “le regole” un calciatore professionista è uno zingaro di professione che non può seguire i suoi istinti: la scelta di scendere di categoria e di stipendio rappresenta un caso unico per il calcio moderno che misura le scelte in termini esclusivamente economici. Un fallimento vorrebbe dire la fine della carriera e anche di un sogno cullato per tanti anni.
Per questo Carlo segue la scelta di Cristiano con curiosità e apprensione, scrivendoci un libro: “Tenetevi il miliardo”. Ma la sua posizione rappresenta anche il punto di vista comune, quello del miscredente non livornese, che viene travolto dalla forza dei racconti di Maurizio Lucarelli, del vignettista Emiliano Pagani, degli ultras, ma anche di artisti, di tifosi popolari e personaggi comuni.
Tutti chiamati a esprimere il punto di vista di una Livorno autentica, che si ritrova nuovamente alla ribalta e che interpreta alla perfezione il senso romantico e la possibilità di salvezza di un calcio quasi scomparso.
La storia ha infatti un lieto fine: tra molte difficoltà, sportive e non solo, Lucarelli riesce nell’intento (inaspettato) di trascinare il Livorno in serie A, e successivamente di vincere la classifica dei marcatori con 24 reti, fino ad arrivare, nella stagione in corso, dopo un nuovo rifiuto milionario, a disputare le competizioni internazionali della Coppa Uefa.
Alcune volte il calcio è ancora il gioco più bello del mondo.
Note:
Film realializzato con il sostegno di Unicoop Tirreno, Mediateca Regionale Toscana e Centro Commerciale Fonti del Corallo.
Cristiano Lucarelli: "Ci sono calciatori che con un miliardo si fanno la Ferrari, lo yacht, io mi ci sono comprato la maglietta del Livorno. Tutto lì."