Sinossi *: Il film voleva raccontare sette magnifiche interpretazioni di un’attrice, come sette sono le virtù o i peccati capitali, e sette sono gli dèi della felicità nel Buddhismo e i magnifici sette, ma alla fine il film è venuto meno. Al tempo in cui è possibile fare filmica qualsiasi cosa in qualunque momento e con qualunque mezzo, questo è un film mancato.
Forse il film è un omaggio a Marco Ferreri? Non sono sicuro. Un racconto filmico – sperimentale? difficile? estatico? - una serie di appunti in forma di non cinema, un film eccetera insomma.
Di lato e di traverso, una compagnia di persone in una residenza psichiatrica, fa parte senza saperlo dei precipizi dell’umore di una ragazza che si pensa modella, poetessa, attrice e forse lo è davvero, se non fosse per quello stupido che, come un’ombra, gli cammina sempre accanto.
Esperimento di film eccetera incompiuto nella sua manifesta e inconsapevole incertezza.
Sullo sfondo restano il mistero della finzione e della fine nell’ essere umano.
Finzione come sistema dello stare al mondo, fine come fine dello stare al mondo, sfondo necessario all’essere umano per produrre il gioco della finzione e seguitare a fare mondo correndo il rischio tutto femminile della gioia eccessiva.
Spiagge lunghissime, palazzi come cattedrali, boscaglie, cavalieri in arme, tribù di pellerosse, donne meravigliose diventano vecchie sedie di legno dentro vuote stanze ospedaliere dove echeggia, forse, soltanto il rumore del mare.
GRETA e ROCCO insomma raccontano la nostalgia di quella vita banale e tranquilla che volevano avere e che non hanno mai vissuto, ma che sono condannati a ricordare per sempre.