Sinossi *:
Vladimiro Dougan, alpinista ed esploratore nato a Trieste verso la fine dell’ottocento, ben presto si distinse per le sue imprese. Accademico del CAI, aveva arrampicato nelle Alpi occidentali, nel Caucaso, in Atlante, eppure era sempre ritornato nelle Giulie, sue montagne predilette.
Lì aveva compiuto ascensioni molto difficili, alcune mai ripetute, come la parete Nord del Ciuc di Vallisetta.
Lì aveva combattuto nell’esercito austro-ungarico.
Lì aveva incontrato un problema che non aveva saputo o voluto risolvere, la cui soluzione sarebbe avvenuta per un’etica alpinistica diversa dalla sua: l’anello delle cenge degli dei, che cinge il gruppo dello Jôf Fuàrt. La famosa via Eterna, visionaria idea di Kugy, realizzata da Comici. Vicenda qui ripresentata grazie a filmati inediti che mostrano Kugy in età avanzata e un Comici, nell’acme delle forze, ripercorrere le cenge e il tratto chiave della via Eterna.
Cosa rimane oggi della lezione di Dougan? Vedere nella montagna lo specchio dell’anima?
Lo suggeriscono la sua storia e quella della Val Dogna: lui, stregato dalla sua solitaria bellezza, lei accogliendo con maestoso silenzio, il suo oblio e il suo abbandono.
Lo raccontano le tormentate esperienze di uno scrittore sconosciuto, D.K. che lavorando alla biografia di Vladimiro Dougan, l’alpinista dimenticato, s’imbatte in picchi d’assenza insuperabili.
Lascerà gli incantesimi della scrittura e troverà nel silenzio ostinato delle cose un controcanto sopravanzante la cruda realtà del finire.
Poi quel controcanto sfuggirà a D.K. e alla sua volontà di determinarlo, seguirà strade impreviste, forse solo inconsciamente sognate.
Il film è un vestito d’arlecchino fatto con le immagini fantasticate negli onirici incontri tra l’amletico narratore e l’alpinista dimenticato, incontri che avvengono tra le pagine di un libro che non c’è.
Improvvisamente sorgerà un contrasto tra queste due ombrose figure, colmato da un pathos di silenzio vivo, non dal silenzio morto che risucchia le cose nel gorgo del nulla.
Abbiamo noi orecchi per distinguerli e sottrarre al nulla questa storia?
Nel tempo dell’oblio, non in polverosi scaffali ma nell’inesauribile Natura si cerchi il Pantheon dove risuona il canto degli alpinisti dimenticati da una storia a volte distratta.

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