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Nadi Hassan  (27/03/2007 @ 13:53)
C'è il soggetto giusto, il titolo giusto e l'ambientazione giusta. Allora perchè questo film non sembra riuscito? Perchè la storia è scialba, scorre via lenta senza emozionare. Il punto più importante del film, ovvero la storia tra Nick e Francesca non è nemmeno sfiorato dalla trama, così non si capisce come quella che sembrava solamente una "tresca" si riveli essere addirittura amore. I personaggi di Nick, Francesca e del padre di Gianca non sono approfoditi come dovrebbero. La recitazione di Briguglia è troppo "isterica" e la sua voce, messa anche a commentare il film fuori campo, diventa insopportabile. Infine Jonny Dorelli, fa il suo senza grandi sussulti e senza la forza e il carisma che ci avrebbe messo un Ginacarlo Giannini, o alla peggio un Remo Girone. Così emerge tutta la "pigrizia" degli sceneggiatori nel non valorizzare un soggetto che meritava ben altra trama.
Sara Lucarini  (08/10/2006 @ 00:00)
Nick e Gianca si conoscono sul treno che li sta portando a Umbria Jazz. Inizia una grande amicizia. Ma se Gianca, figlio benestante di un promotore finanziario mancato jazzista, ha studiato tanto per arrivare a quel punto, Nick è un talento che improvvisa su tutto e la sua musica nasce dall'anima.Ed avrà successo.Gianca abbandona i suoi sogni, per rifugiarsi in una vita anonima.Rimarrà impantanato nella sua vita di sempre e nei rimpianti del padre, che aveva affidato a lui i suoi sogni mancati. "Ma quando arrivano le ragazze?" è il brano di Gianca e Nick quando si esibivano nei locali, il brano che li legava. Avati racconta una storia gradevole, sul binomio talento-normalità. Sul periodo della vita dei grandi sogni e della perdita delle illusioni. E' una storia gradevole con all'interno una bella musica, ma con due note stonate:l a Puccini, bella, ma di una freddezza allucinante.E il doppiaggio,non perfetto,che toglie ai dialoghi parte della loro naturalezza.
Fabrizio L. Lago  (08/03/2006 @ 00:00)
Cosa succede quando arrivano le ragazze? Me lo sono chiesto davanti alla locandina di questo film e, francamente, guardando il volto della bellissima Vittoria Puccini, in mezzo a quelli di Claudio Santamaria e Paolo Briguglia, mi sono anche rapidamente risposto: finisce l’amicizia fra due uomini, in luce della solita contesa d’amore. Ovvio, uno dei tanti classici triangoli, e in effetti la mia ipotesi non è stata del tutto contraddetta dalla successiva visione dell’opera di Pupi Avati. Per fortuna però in questa storia c’è anche molto altro: si parla di talento innanzitutto, di chi è nato per dover assecondare questa divina benedizione e di chi invece è destinato a rassegnarsi a non averla, nonostante qualsiasi sforzo ed impegno ci possa mettere. Gianca e Nick, i protagonisti, due ragazzi poco più che ventenni, si incontrano in treno, mentre stanno andando a Perugia, alla selezione della scuola di musica di Umbria Jazz: il primo proviene da una famiglia benestante, studia musica da sempre appoggiato dal padre, Johnny Dorelli, che crede molto nelle sue capacità e lo incoraggia costantemente; il secondo invece lavora ad una pompa di benzina ed è entrato per caso in possesso di una tromba, che è diventata un’istintiva passione e che suona ad orecchio, non sapendo nemmeno leggere un pentagramma. Ecco i due stereotipi, pronti a dare vita alle fila di una trama che trova originalità più nel non detto, nel non vissuto dai personaggi, nelle potenziali evoluzioni di vita che li sfiorano e che non sanno cogliere, ma solo scrutare con occhio malinconico. Questo vale innanzitutto per Gianca, che vive placidamente, forse fra troppi agi, un’esistenza senza drammi né patemi, in cui sembrano rivestire ruolo fondamentale solo le ragazze, tutto il resto gli importa il giusto. Ma anche per Francesca, che viene abbandonata a pochi giorni dalle nozze dal suo uomo e non riesce più ad innamorarsi, o quantomeno a credere in un sentimento profondo, anche quando questo le capita palesemente. Entrambi i due personaggi rinunciano ai sogni, musica e amore, e stanno insieme in una sorta di consolante rimpianto, non hanno il coraggio di affrontarsi direttamente poiché manifestazioni troppo chiare di fallimento esistenziale (sintomatico il modo in cui assistono allo spettacolo a teatro di Nick, non riuscendo mai a fissarsi negli occhi per quasi tutto il concerto). Nick è la loro nemesi, uno che segue l’emotività più che la ragione, che si fa trascinare dai desideri senza alcuna paura. Suona con lo stomaco, non con la testa, ama visceralmente, prendendo direttamente in faccia gli schiaffi della passione e di tutti i problemi che ne derivano (matrimonio fallito, la perdita del suo migliore amico). Eppure alla fine sembra l’unico sereno fra i tre, il solo sicuro della strada che ha preso, senza rancori né rimorsi. “Ma quando arrivano le ragazze?” è il titolo di un brano musicale scritto da Gianca in gioventù e rappresenta bene questa fase della vita, costellata di grandi aspettative e ambizioni; purtroppo la stessa musica, suonata nel finale da Nick, assume il tono di un triste addio. Il film è piacevole, le vicende sono corredate da siparietti simpatici e personaggi bizzarri, come gli altri componenti della band, che alleggeriscono il ritmo, un po’ lento nella fase centrale. Buona anche l’interpretazione dei tre attori protagonisti, Paolo Briguglia soprattutto, perfetto per la parte. Vittoria Puccini non è impeccabile a dir la verità, ma in questo film splende di una beltà botticelliana in grado di soverchiare ogni altro difetto...

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