Sinossi *:
Un perenne cantilenar d’acque nelle gore dei torrenti, un frondeggiar denso di boschi, un orizzonte di monti qua e là, dolce e fresco dei pascoli o appena inasprito di rupi: questa la piccola Val Verde, il cui centro è San Pietro. Efficiente è l’attrezzatura alberghiera, la cucina è semplice, ma accurata e le ottime trote del torrente la rendono preziosa ed invitante. All’imbocco della Valle, a Caraglio, c’è l’ultimo juke-box. Così i giornali descrivono il piccolo paese di San Pietro di Monterosso, alla fine degli anni ’60. Siamo nel pieno del boom turistico: gli alberghi sono pieni, da giugno a settembre c’è gente dappertutto. Si balla e si diventa adulti a ritmo di musica. Ricordi indimenticabili, per chi lì va in vacanza e per chi ci vive e lavora. Ma non è semplice la vita lassù, oltre quei tre mesi d’estate quasi fuori dal tempo, ci sono le difficoltà della vita in montagna: nelle borgate più in alto non ci sono strade, né corrente elettrica o acqua potabile… la vita è dura, priva di ogni confort, diversa da quel che si vede stando in mezzo agli abitanti dell’estate. Mentre in paese arrivano turisti dalla Francia e dalle città, in silenzio le borgate si svuotano, le cave chiudono, la fabbrica chiama. Nonostante tutto, però, c’è un legame che resta sempre, profondo e inspiegabile per chi in quel paese ha vissuto, anche solo per un’estate.



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