Sinossi *:
Intorno a Diego Martelli, nella sua tenuta di Castiglioncello e sotto la sua protezione, si radunarono, nei primi anni Sessanta dell’Ottocento, alcuni dei pittori che rivoluzionarono lo stile e i contenuti della pittura italiana.
Giovanni Fattori, Beppe Abbati, Telemaco Signorini, Odoardo Borrani, Raffaello Sernesi trovarono tutti ospitalità nella casa del critico, e amicizia, incoraggiamento, aiuti economici, quando ce n’era bisogno.
Da quella casa sulla collina lo sguardo si volgeva alla baia di Castiglioncello, splendida di luce con tutte le gradazioni dell’azzurro e del verde, fino all’interno della campagna dell’entroterra, nei campi coltivati a grano, negli oliveti, sulle colline verdi e marroni, oltre Castelnuovo della Misericordia.
Era uno sguardo su un paesaggio vergine, molto diverso da ciò che è diventato oggi, ed anche gli sguardi di Abbati, Fattori, Sernesi, Borrani erano sguardi vergini.
Quei colori vivaci, quelle scene marine e agresti, quelle forme della natura rimasero impressionate nei loro occhi, prima che sulle loro tele.
E Martelli li incoraggiava, discuteva, si accalorava, li incitava a proseguire su quella strada difficile appena intrapresa.
Lontano dalla polvere delle stanze accademiche quei pittori portarono un’aria nuova nell’arte italiana del secolo.
E, oltre a Castiglioncello, altri due luoghi geografici sono rimasti come simbolo della ricerca di quel periodo di felice innovazione. Le montagne pistoiesi, ove si recarono Sernesi e Borrani e soprattutto Piagentina, la campagna ad est di Firenze, immediatamente a ridosso delle antiche mura: gli orti e i campi e la vita lungo l’Arno, barche e renaioli, stradine al sole e scorci sul Mugnone. A questa esperienza, che prese il nome di “scuola” di Piagentina, sono legati soprattutto i nomi di Silvestro Lega, di Signorini, di Borrani.
Questi sei maestri furono variamente affiancati da Vincenzo Cabianca, Luigi Bechi, Federico Zandomeneghi, Giovanni Boldini, Cristiano Banti, Adriano Cecioni e altri.
La macchia fu una rivoluzione.
Un nuovo modo di intendere la luce e l’ombra, accostate a contrasto, in modo da far risaltare l’una e l’altra.
“La luce solare come simbolo di un cambiamento estetico” (P. Dini).
I macchiaioli erano giovani, irruenti, entusiasti, volevano cambiare il mondo, la storia, la pittura. Forse cambiarono solo la pittura, senza neanche rendersene conto.
Alcuni morirono giovani. Pieni di fervore patriottico alcuni di loro erano partiti volontari per le guerra, per l’Italia e per un'idea di libertà. Sernesi morì nel 1866, a 28 anni, in seguito a una ferita riportata nella Seconda guerra d’indipendenza. Abbati morì a 32 anni, di rabbia, per il morso del suo cane. Qualche anno prima aveva perso un occhio in guerra. Lo stesso Martelli era partito volontario.
Silvestro Lega visse sempre in povertà, “ospite” di famiglie benestanti e così morì, povero e quasi cieco.
Fattori dovette lottare tutta la vita per affermare la sua arte, riuscendo a vendere pochissimi quadri, visse del suo misero stipendio di assistente professore all’Accademia di Firenze.
Lo stesso Martelli dovette alienare via via tutti i suoi beni e la villa di Castiglioncello, cenacolo e teatro, nello stesso tempo, dell’arte macchiaiola, fu venduta prima della sua morte (1896).
Di queste vite straordinarie restano oggi solo i quadri, di immenso valore artistico e qualche testimonianza scritta, scambi di corrispondenza, i discorsi e gli scritti lungimiranti di Martelli.
Questo documentario vuole rendere idealmente omaggio a quelle vite, raccontare il loro percorso estetico ed umano. Quella comunanza d’intenti, quell’amicizia.
A partire da Castiglioncello, dai paesaggi di allora, rivisitati dai quadri, aiutati dalle ricostruzioni d’epoca.
I luoghi dell’ispirazione: le vedute da casa Martelli, la Punta del Romito, la Torre Medicea, la Chiesa di S. Andrea. Ciò che oggi non esiste più, annullato dall’avanzare della modernità e ciò che permane, miracolosamente, misteriosamente, dietro quegli scogli, al tramonto, o nei colori dei campi, in scorci improvvisi, balenii di sguardi.
E Firenze trasformata, stravolta, capovolta. Gli orti di Piagentina, da dove si poteva vedere il Duomo e il Campanile di Giotto, scomparsi nel cemento e nell’asfalto, travolti nel caos del traffico urbano.
I racconti di Martelli, le lettere che i protagonisti di quella fervida stagione si scambiarono.
Un racconto artistico ed umano.
Un’utopia di vita e di arte.


Testi:
Francesca Dini

Consulenza Scientifica:
Francesca Dini

Testi Autobiografici:
Diego Martelli

Testi Autobiografici:
Giovanni Fattori

Testi Autobiografici:
Giuseppe Abbati

Testi Autobiografici:
Telemaco Signorini

Testi Autobiografici:
Gustavo Uzielli

Testi Autobiografici:
P. J. Proudhon

Voce Narrante:
Carlo Monni

Voce Narrante:
Massimo Tarducci

Scenografia Tableaux Vivant:
Francesco Spina


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