Fondazione Fare Cinema
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Note di regia del film "Giovani"


I registi Luca Mazzieri e Marco Mazzieri desrivono il film "Giovani".


Note di regia del film
Una scena del film "Giovani"
“Giovani” è un film, per il tema trattato, di evidente realismo ed è per questo che lo abbiamo realizzato convinti che lo stile, l’immagine, il linguaggio, non dovessero diventare dominanti sul racconto.
La giornata decisiva di Matteo e Juliette è raccontata escludendo qualsiasi maniera di “fare cinema”, abbiamo usato la macchina da presa e il montaggio per definire i loro comportamenti, il loro stato d’animo, con il massimo rigore e semplicità.
L’uso della leggera telecamera digitale, sempre rigorosamente a mano, ci ha aiutato a costruire una possibile diretta degli avvenimenti con la fotografia che utilizza sempre, come necessaria, la luce naturale, quella reale degli ambienti. Gli ambienti e il loro arredo entrano nel film attraverso crude differenze: il glaciale spazio dell’ospedale, il calore dei ricordi della casa di una nobildonna dove Juliette è ospite, la neutralità della casa di Matteo, l’austerità dell’Università e perfino una libreria dove i libri sono così presenti da diventare muri, pareti di conoscenza.
Gli esterni del film, interamente girato a Parma, si rivelano a contrasto, nel sottomesso grigiore invernale, tra la periferia più malinconica e le architetture storiche della città, dove improvvisi strappi di luce si affacciano quando in scena c’è Juliette, quasi a suggerire che porta con sé una nuova vita.
La musica di Martino Traversa è presente nel film con discrezione, quasi a descrivere il racconto per sottolineature, come a proteggere le sensazioni che i due ragazzi stanno provando.
La sceneggiatura è cresciuta in un paio d’anni di lavoro, di incessanti letture, ricerche, analisi di fatti, di azioni che altre persone avevano compiuto o vissuto sul tema. L’abbiamo scritta con Carlo Fontana, autore anche del montaggio, che ha contribuito a tagliare ogni possibile accenno di retorica.
Matteo affronta la malattia della mamma Irene, e la presenza di un padre “assente”, un uomo che non ha più la forza per assisterla. Deve decidere se praticare la dolce morte alla madre malata terminale e questo fatto così duro lo raccontiamo solo ed esclusivamente seguendo gli sguardi, i gesti, l’agitato incedere del ragazzo, fino alla sua decisione.
Juliette, una studentessa francese in Italia, affronta una possibile maternità, frutto di una storia “sbagliata” con il suo professore d’Università, un uomo sposato di cui si è innamorata.
Anche lei come Matteo è solo seguita, accompagnata, scrutata nervosamente, negli avvenimenti che culminano con la sua decisione finale. Gli adulti che i due ragazzi incontrano, si svelano in evidenti contraddizioni, compromessi, debolezze, ma sono raccontati crediamo, senza giudizio, cercando di sottolineare solo la loro inadeguatezza a rinunciare al ruolo di adulti e sottomettersi all’ascolto dei due ragazzi.
E’ questo, forse, l’aspetto prepotente del loro agire, l’incapacità di ascoltare.
E Matteo e Juliette, si ribellano, agiscono. Il continuo agire dei due è la vera suspense del film e nel realizzarlo ci siamo sempre chiesti quale poteva essere la loro/nostra decisione finale.
Il percorso dei ragazzi è tracciato dal montaggio alternato, una sorta di doppio battito cardiaco che balza dalla vicenda di Matteo a quella di Juliette che, dopo essersi conosciuti all’alba, si ritrovano ventiquattrore dopo, all’alba di un nuovo giorno.
Abbiamo scelto seguendo Juliette e Matteo nel film, la responsabilità individuale, la disperata ricerca di verità, il desiderio di essere liberi, felici, giovani: in una parola, la vita.