Note del documentario "Nichi"
Il giorno in ci si seppe che Nichi Vendola aveva vinto le primarie in Puglia, mi telefonò Alessandro Contessa da Francavilla Fontana per propormi di produrre una cosa sulla prossima campagna elettorale di Vendola. Per me Nichi Vendola era poco più di un nome, che ormai quasi vent’anni fa avevo votato solo perché era il più giovane candidato del partito che avevo deciso di votare.
Non mi tuffai a pesce, come spesso accade, nel progetto. Avevo dei dubbi. Un film sulle elezioni, che si intitolerà Comizi e quant’altro, lo avevo già prodotto. E poi esisteva già un altro film sulla campagna elettorale di un personaggio, Lilli e il cavaliere, che mi sembrava molto interessante. Alessandro insisteva. Decisi di andare a Bari, a conoscere Vendola, a dare un corpo a quel nome e poco più. L’incontro fu positivo, anche se ci scambiammo poche parole: cosa normale per me; cosa obbligata dal tempo limitato a disposizione per Nichi. Lo sguardo di Nichi, però, quello mi aveva fatto una bella impressione. Era il 3 febbraio.
Il 19 febbraio tornai a Bari, con una telecamera tra le mani, ad assistere al comizio di apertura della campagna elettorale. Lasciare mio figlio e la sua mamma, di sabato, è sempre una cosa faticosa, che avvolge di luce negativa la giornata. Ma quel giorno, per la prima volta dopo più di vent’anni, i miei occhi si bagnarono di lacrime ascoltando Nichi, che parlava dritto al cuore mio e della gente, con un linguaggio a cui i politici dell’ultimo ventennio mi avevano disabituato. Nichi mi sconvolse, quel 19 febbraio, e mi conquistò definitivamente. Dissi ad Alessandro che non solo avrei prodotto il film, ma che mi sarebbe piaciuto anche esserne autore. Chiamammo comunque Corso Salani, perché io non sono un regista. Nei giorni successivi decidemmo che avremmo lavorato insieme, io e Corso, ma per produrre due ‘cose’ diverse, in tempi diversi. Io avrei seguito il primo film in ordine di tempo, in cui la campagna elettorale fosse un pretesto per raccontare un uomo.
Eccolo qui, ce l’ho tra le mani, si sta plasmando il mio film su Nichi. Ho scelto come compagna di scrittura, come sempre, da sempre, Elisabetta Pandimiglio. E come montatore Cesar Meneghetti. E come direttore della fotografia Vittorio Omodei Zorini. E poi tanti altri collaboratori.
Cosè dunque Nichi. Un comunista?
E’ un film. Il mio primo, forse unico, necessario film da regista.
E’ un atto d’amore nei confronti di un uomo. Di un’idea. Di un partito che non c’è più.
E’ un modo di ricordare Enrico Berlinguer.
E’ lo stupore di scoprirsi a rileggere le Ceneri di Gramsci.
E’ l’emozione che nasce dalla rabbia.
E’ la sfida impossibile.
E’ la parola che genera il sogno.
E’ la paura.
E’ comunismo. Cattolicesimo. Poesia. Lotta. Fabbrica. Famiglia.
E’ una fiammella di speranza che si accende, in un paese, l’Italia, che sta rotolando verso il baratro.
E’ l’orgoglio di essere dalla parte di chi perde.
E’ il respiro irregolare dei bambini.
E’ la gioia di avere vinto, per una volta.
E’, in fondo, un pezzo di plastica, con sù impresse delle immagini.
Gianluca Arcopinto