Note di regia del documentario "Polistirene"
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Nessuno di noi, lucerne, cani o esseri umani,sa all’inizio, tutto quello per cui è venuto al mondo".
José Saramago
L'anno scorso ho conosciuto il titolare di una piccola azienda che produce manichini. Si tratta di un capannone di media grandezza entro cui si plasmano mani, gambe, busti e teste. I granuli di polistirene vengono fusi e modellati in stampi e poi, all'occorrenza, le sagome vengono ridipinte nella camera di verniciatura all'acqua che si trova al centro della struttura. Ogni parte dei corpi plastificati è stoccata separatamente. Grappoli di mani femminili, schiere disciplinate di kuròi neri, teste con decolletè impilate con rigore. In un angolo gli scarti, i deformi, gli storpi, i brutti. Ogni giorno i simulacri ormai maturi partono per la loro destinazione finale: la vetrina mondana, il grande magazzino, il negozietto periferico. Uguali alla nascita, solo materia inerte, diversi per fattura e quindi per destino: i migliori verso il meglio, i peggiori dentro il nulla. Il capannone chiude. Le mani aspettano, le teste aspettano, le gambe aspettano. E la vernice rosata comincia a scrostarsi dai volti perfetti e uguali.
Anna Franceschini