Note di regia del documentario "La Casa del Padre"
La passione di mio padre è sempre stata l’architettura e la sua missione quella di adattare gli insegnamenti di Frank Lloyd Wright nel contesto europeo. Una figura controversa, con difficoltà a gestire le tre famiglie che ha messo su una dopo l’altra. Sono voluto tornare in Italia - prima che fosse troppo tardi - per chiedergli di cosa tratta la sua architettura e se è valsa la pena perseguirla a discapito delle relazioni umane con persone a lui vicino; ma mio padre è proiettato verso il futuro, la sua opera è incompleta, il suo talento è a rischio.
Il mio continuo interrogarlo è reso difficile dalla sua ricerca dell’immortalità. È difficile fermarlo nella sua incessante corsa contro il tempo. All’inizio mi faccio trascinare anch’io in questa corsa, quasi tralasciando il ruolo iniziale che mi ero imposto e lasciandomi affascinare dal suo entusiasmo giovanile e dalla sua visione artistica. Mi sono ritrovato a riprendere, silenziosamente, questa persona anziana, giovane di spirito e indaffarato nei suoi progetti. Lusingato all’idea che sia fatto un film su di lui, mio padre vuole parlarmi di Wright, vuole mostrarmi i suoi ultimi progetti, adesso che sostiene di aver raggiunto la sua maturità artistica. Vuole che il suo nome e la sua visione siano incisi in eternità attraverso i suoi progetti, e adesso anche attraverso il mio film. Avrà tempo di rispondere alle domande di suo figlio? Avrò,io, il coraggio di confrontarmi pienamente con l’uomo che mi ha intimidito durante tutta l’adolescenza?
Sebastiano D'Ayala Valva