Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri
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Note di regia del documentario "El Bosque Terciario"


Note di regia del documentario
Perché un bosque terciario?
Ma in Italia non ci sono indigeni?
Tsamarint Fidel Mukucham Ujukam
I titoli, quando hanno un senso, non andrebbero spiegati. Il rischio è quello di definire una volta per tutte le possibilità interpretative che il titolo stesso ha. Se il titolo è un buon titolo, si rivela da solo sulla distanza.
Bosque terciario si traduce letteralmente con foresta terziaria. Le scienze naturali classificano le foreste in base al grado di contaminazione da fattori esterni, naturali o meno che siano. La foresta primaria è quella intatta, che conserva i suoi caratteri “originari” e presenta il massimo grado di biodiversità. La foresta secondaria è quella che subisce o ha subito una qualche forma di disturbo da parte di fattori esterni, alberi più bassi, sottobosco più intricato e forte presenza di “specie pioniere”. La foresta terziaria non esiste.
In paleobotanica si fa riferimento talvolta alla foresta terziaria per indicare i resti fossili delle foreste dell'era terziaria: il bosco pietrificato.
Per l'antropologo, come per il naturalista, il concetto di originario, di incontaminato possiede un fascino irresistibile, ma la cultura pura, “originaria”, cristallizzata, resta un miraggio e allo stesso tempo un oggetto impossibile, senza senso.
Intorno agli anni '50 si compie il peccato originale dell'incontro di alcune di queste popolazioni con l'esterno (nel linguaggio comune di queste zone si indica la foresta semplicemente con la parola dentro) sotto forma di coloni e missionari, di industria del legname. Gli indigeni hanno cominciato a conoscere il mondo di fuori, a contaminarsi e il mondo è entrato nella foresta sotto forma di persone, oggetti, vestiti... un processo lento ma continuo, probabilmente inesorabile, sicuramente affascinante, nel bene e nel male. Un processo caotico che porta a rispondere a bisogni, creare bisogni a cui bisognerà rispondere, dare risposte a cui apparentemente non corrispondono bisogni. Per chi arriva dall'esterno non è facile non trovare fuori posto computer, fotocamere, lettori cd; non è facile comprendere un modello di sviluppo che sembra partire dalla fine, creare infrastrutture slegate dalla loro funzione.
La frase in esergo potrebbe sembrare ingenua, non lo è affatto. Oltre a contenere molti possibili significati (non ultimo un certo fastidio per l'attenzione di cui chi parla è oggetto) è una domanda che obbliga a rimettere sotto controllo la propria tendenza etnocentrica, che stabilisce contemporaneamente un contatto e una distanza incolmabile.

Sergio Visinoni