Note di regia del film "La Scomparsa di Patò"
Conosco Andrea Camilleri da circa trentadue anni, è stato il mio maestro di teatro all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, poi è diventato nonno delle mie due figlie Alessandra e Arianna. Andrea è un affabulatore straordinario, in Accademia ascoltavamo incantati i racconti della sua Sicilia.
Mi è già capitato di mettere in scena lavori di Andrea, per esempio “Le inchieste del commissario Cecè Collura”, ho adattato tre episodi per il teatro lirico scrivendone il libretto e curandone la regia: i cantanti stessi eseguivano arie e recitavano in siciliano.
Adattare “La scomparsa di Patò” è stata un’esperienza unica e una sfida non facile. Nei romanzi storici Andrea sperimenta forma e linguaggio, (la sperimentazione è la linfa vitale per un artista). Ho cercato di essere all’altezza dello stile del romanzo, Andrea sostiene che il regista ha il “dovere” di tradire l’autore, ho tentato di farlo ma non ci sono riuscito. Sono convito di essere molto vicino al libro, ai suoi personaggi, ai suoi colori, sapori e soprattutto al suo linguaggio. Nel romanzo Andrea non descrive affatto i personaggi, attraverso i rapporti dei due protagonisti racconta una storia della nostra Italia legata ai nonni dei nostri padri, tinta di giallo, di malcostume e di quel linguaggio in “burocratese” delle forze dell’ordine e dei politici. Leggendo il romanzo, che è una sorta di dossier, mi si stampavano nella mente le figure dei personaggi. Erano tipologie che già avevo sentito da altri suoi racconti, soprattutto dalla madre di Andrea, nonna Mela, che per me è stata una nonna, dal momento che non ne ho avute.
Ho voluto attori provenienti dal teatro, con il loro importante bagaglio artistico, per poter meglio costruire i personaggi della storia. Il mio film è “circolare” e chiudo l’indagine che il maresciallo Giummàro e il delegato di polizia Bellavia, hanno accuratamente condotto mettendo in scena l’ipotesi dell’autore. Andrea nel romanzo lo lascia intuire, io nel film l’ho voluto descrivere.
Un altro cambiamento che ho voluto era quello di far provenire il delegato di polizia dal Nord (nel romanzo entrambi sono siciliani), esattamente da Napoli, che a quei tempi era un importante centro culturale ed economico. Per creare tra carabiniere (siciliano) e delegato (napoletano) non solo uno scontro “istituzionale” ma anche “regionale”.
Un importante apporto nella ricostruzione della celebre Vigàta infine è stato dato dalle comparse e generici che hanno dato vita e volto al luogo della fantasia camilleriana.
Rocco Mortelliti