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Le storie di una casa di una casa di cura per malati
mentali in "La Pecora Nera" di Ascanio Celestini


Le storie di una casa di una casa di cura per malati mentali in
Si è svolta ad Arezzo la serata finale della 3° edizione del Festival Italiano del Cinema Sociale con la proiezione del film "La Pecora Nera" di Ascanio Celestini, presidente di giuria della manifestazione toscana.

Celestini è sempre asciutto, lucido nel raccontare le sue e le nostre memorie comuni, la semplicità della vita negli anni 60 e 70, gli sguardi ingenui ma spietati dei bambini e dei ragazzi di allora, la loro vita nelle periferie romane, le loro famiglie strane e disperate, proprio perché costruite su fondamenta rigide e antiche. "La Pecora Nera" è lui. Chi, abitando nelle zone lontane dal centro delle grandi città, non ha avuto in classe un bambino "strano", figlio magari di quei pastori accampati nelle baracche ai limiti della Tangenziale o del Raccordo Anulare, bambini strani, asociali, ma assolutamente non per questo da portare in manicomio. Bastava poco per scatenare la loro reazione spesso violenta e pochissimo per diventare loro amici ed entrare in quel magico mondo fatto di solitarie fantasie.

Ascanio Celestini è bravissimo a ricordare e a raccontare tutto questo, ambientando in un manicomio (trasformato poi in casa di accoglienza per malati mentali) la lenta vita di Nicola, prima come visitatore della mamma ricoverata, poi ospite lui stesso. "La Pecora Nera" racconta una bella storia ma ha un grosso limite, l'interprete principale. Mentre i coprotagonisti sono azzeccati (tranne i fratelli pastori che sembrano usciti dall'accademia), Ascanio Celestini è troppo se stesso, arrivando alla sufficienza solo durante i racconti in voce. Mentre si segue il film con coinvolgimento si pensa a Jack Nicholson e alla sua interpretazione di "Qualcuno volò sul nido del Cuculo", e si capisce perché uno è un buon film, l'altro un capolavoro da Oscar. Senza andare a Hollywood anche il nostro Nino Manfredi degli anni d'oro avrebbe fatto fare al film quel salto di qualità che ormai pochi film italiani riescono a fare. Ascanio Celestini è bravo in teatro a raccontare le sue memorie, con la sua cadenza, le sue ripetitività, ma trascinare un film verso l'alto è tutt'altro lavoro. Ma quanti attori di oggi sono in grado di farlo? Due, forse tre. Pochi per alzare con la loro bravura il livello del nostro cinema.

05/12/2010, 10:21

Stefano Amadio