FESTIVAL DI ROMA "Verso l'Infinito". Il Piero della Sicilia
Il documentario "
Piero Guccione, verso l’infinito" di
Nunzio Massimo Nifosì si potrebbe anche chiamare, secondo
Lorenzo Zichichi, responsabile delle mostre del pittore siciliano, un’ostinazione e una realizzazione di un sogno da parte di un regista, che, come in nessun catalogo pittorico, è riuscito a catturare e far emergere il valore pittorico delle sue opere.
Per il regista e produttore del film questo lavoro rappresenta un tentativo di dialogo con lo stile dell’artista e di mettersi in contatto con la sua arte non in maniera descrittiva.
La voce off di un narratore e interviste ai principali critici d’arte mostrano in maniera didascalica il percorso artistico di un pittore apparentemente schivo, che ha lasciato la
Sicilia nel’54 per trasferirsi a
Roma, dove ha svolto la professione di grafico ed fu affascinato dagli artisti della Capitale, il gruppo dei pro e dei contro di Attardi e Farulli.
Assistente di
Renato Gattuso, si ispirò alle figure di Bacon e alla pop-art di
Andy Warhol riproducendo oggetti della cultura di massa, come le automobili utilitarie, per far rivivere nel quadro la memoria decontestualizzandolo dall’attualità.
I soggetti più frequentati furono il mare, il carrubo, i ritratti, come il trittico di Titina Maselli, di Sciascia e Mondadori, della bambina Paola.
Attraverso tecniche miste denunciò poi con le sue opere il degrado ambientale, che stava contaminando anche il territorio siciliano, guadagnandosi il plauso di
Visconti e
Pasolini, registi impegnati sempre presenti alle sue inaugurazioni.
Ogni sua scelta tecnica e stilistica avevano un significato recondito: il blu di
Piero Guccione non era solo quello del mare siciliano, ma celava qualcosa di metafisico e di speciale. All’olio, lento e mediato, preferiva il pastello più istintivo e legato alla corporeità. Un pittore che amava osare.
05/11/2011, 09:00
Alessandra Alfonsi