RITALS, DOMANI ME NE VADO - Italia Francia, Andata e Ritorno
Il termine
ritals, e il più celebre
macaronis, era in sostanza l’espressione dispregiativa con cui i francesi degli anni ’50 chiamavano gli immigrati italiani per l’incapacità di pronunciare correttamente la “r” francese. Un modo per discriminare il diverso che ha condizionato il processo di integrazione di tanti italiani andati in Francia per cercare lavoro. Come nel caso della famiglia
Chiarello,
Maria e
Vincenzo e i suoi fratelli, che a metà degli anni ‘50 decide di lasciare un piccolo paesino del Salento, Corsano, per emigrare temporaneamente a Parigi, dove invece resteranno per 25 anni.
Il film, diretto dalle loro figlie Sophie e Lisa, è una storia di migrazione che travalica i confini di diario familiare per raccontare le contraddizioni dei
Ritals, profondamente divisi tra l'attaccamento al loro paese di origine e le difficoltà di integrazione nel paese ospitante, dovuti alla lingua, alle scarse risorse economiche e al rifiuto degli autoctoni.
Ma è la forza delle immagini in super8 e del racconto orale, che traspare nella gestualità dei protagonisti, a rendere il film non un mero atto di amore di due figlie dell’immigrazione verso i propri genitori ma un’incursione non pietista in un passato recente del nostro Paese, “quando gli albanesi eravamo noi” per citare le parole delle stesse registe.
L’impasto di dialetto salentino e di francese è gustosissimo e a tratti esilarante, specie quando a parlare è il padre, ma allo stesso tempo assume un valore emblematico di una condizione di sospensione tra due culture che porterà Maria e Vincenzo a sentirsi stranieri anche in patria, quando, alla fine degli anni ‘80, faranno il percorso inverso, il rientro nel proprio paese di origine.
E anche se dagli anni ottanta “rital” in Francia sembra aver perso quel suo senso dispregiativo, il termine rivive né più né meno nel nostro vuocumprà e in altri nomignoli creati per identificare alcune classi di immigrati oggi in Italia.
Un’Italia che da Paese di emigrazione è diventato Paese di immigrazione. “Ma è proprio dalla nostra storia dobbiamo imparare a valorizzare tutto ciò che di buono e di creativo possono portare gli immigrati che vivono oggi qui”, sottolinea
Sophie Chiarello, tre cortometraggi premiati in vari festival e prestigiose collaborazioni come aiuto regista tra cui "
Sangue Vivo" e "
Il Miracolo" di
E. Winspeare.
Ma gli italiani continuano ad essere un popolo di migranti. “L’immigrazione attuale non è più fatta di braccia, ma di cervelli e di talenti. Sono tanti i giovani salentini che ancora migrano verso la Francia per inseguire migliori opportunità occupazionali”, conclude
Anna Lisa Chiarello, al suo esordio cinematografico ma con alle spalle studi e ricerche su tematiche quali l’esclusione, la follia, e l’emigrazione.
23/04/2012, 17:20
Monica Straniero