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NFF - Renzo Arbore e il suo cinema


NFF - Renzo Arbore e il suo cinema
Musicista, attore, disc jockey, mattatore televisivo e, per divertimento, anche regista cinematografico.
A 75 anni compiuti Renzo Arbore rimane forse l'artista italiano più eclettico in circolazione, un soggetto “fuori dagli schemi” capace di esportare le sonorità napoletane in tutto il mondo con la storica “Orchestra italiana” e al tempo stesso segnare un'intera generazione con il cult tv “Quelli della notte”.

Ospite al Napoli Film Festival, che gli ha reso omaggio con la proiezione dell'opera seconda ""FF.SS.” - Cioè: “...che mi hai portato a fare a Posillipo se non mi vuoi più bene?"", in un lungo incontro Arbore ha inanellato numerosi ricordi tra cinema e musica.

Regista alle primissime armi, con conoscenza tecnica pari a zero, scelse fin dal primo film, "Il pap'occhio", di affidarsi a dei collaboratori più esperti: "Mi chiedevano dove volessi mettere le macchine da presa e che uso volessi fare del dolly. Scelsi di affidarmi a due concetti molto semplici, il primo era “basta che si veda”, il secondo “inquadra Benigni e non lo mollare”. In questo modo venne fuori ad esempio il piano sequenza forse più lungo della storia del cinema italiano, quello in cui Roberto ridipinge la cappella sistina, 9 minuti senza staccare".

Arbore confessa di avere avuto una grande ammirazione per i film di Totò, paradossalmente salvato da cattivi registi: "Ogni anno Totò girava moltissimi film e la camera fissa era l'unica soluzione per ottimizzare i tempi. Da questa necessità ed imperfezione nacquero scene come quella della lettera, che forse non avrebbe mai avuto quel successo se fosse stata spezzettata con primi piani e particolari".

Nel 1983 arriva poi “FF.SS.” un atto d'amore per Napoli e Fellini: "Ero un innamorato di “Amarcord” e volevo ambientare proprio nel capoluogo campano una mia versione personale. Scrissi il film con Luciano De Crescenzo e lo titolai in quel modo perchè era l'acronimo di “Federico Fellini Sud Story”. Il maestro che aveva apprezzato il mio primo film, mi chiamò molto deluso dopo aver visto questo, perchè non gli andò giù il fatto che avessi scherzato con i suoi “problemini idraulici”. Un lungo silenzio durato anni, poi per fortuna ricominciammo a parlare".

Ma se i due film da regista sono divenuti nel tempo dei cult, lo si deve molto proprio a Benigni, l'incontro di due geniali “cavalli pazzi” che si trovarono bene insieme fin dal primo istante: "Ho tentato di fare un cinema improvvisato, anche se sapevo perfettamente che un film non si fa così. Buttavo giù la falsa riga di una sceneggiatura, ma lasciavo spazio alle idee del momento. E a ben pensarci, io e Roberto abbiamo improvvisato tutta la vita".

02/10/2012, 16:24

Antonio Capellupo