Note di regia di "Honolulu Baby"
Vent'anni dopo RATATAPLAN ecco tornare sullo schermo un'avventura dell'ingegner Colombo. Allora il film cominciava con uno strano test attitudinale che impediva all'ingegner Colombo di venire assunto in una multinazionale che già parlava inglese. A quei tempi Colombo poteva ancora vivere ai margini di una grande città, permettendosi un orgoglioso mutismo in una dimensione di sana creatività.
Oggi, finalmente assunto da quella famosa multinazionale, sposato a una donna in carriera, circondato da nuove tecnologie di comunicazione, non può sottrarsi all'uso dell'odiato inglese.
Anzi, proprio un uso elementare di questa lingua lo porterà a vivere lontano dall'Italia la sua più incredibile avventura. In un mondo che si chiama mercato globale, dove le distanze si sono accorciate, le ambizioni si sono allargate, i sogni si possono realizzare nelle circostanze più pazze anche dall'altra parte del mondo.
Honolulu BABY è un'altra epoca della vita di Colombo, un'epoca in cui, abbandonate le velleità e le illusioni di una precarietà creativa, ci si trova quotidianamente alle prese con il montaggio di un mobile Ikea, con un hamburger di Mc Donald, con l'obbligo e l'incubo di un'inglesizzazione del quotidiano, senza la quale non si può accedere al computer, leggere un inserto di giornale o anche semplicemente giocare.
L'idea che mi ha semplicemente affascinato è che questa lotta quotidiana con una lingua diversa dalla nostra è comune a tutti i paesi del mondo non anglosassoni.
Un francese, uno spagnolo o un tedesco hanno gli stessi mobili Ikea, mangiano gli stessi hamburger Mc Donald, hanno gli stessi problemi di decifrare un errore di tipo 2 sul computer che chiude inaspettatamente tutti i file in lavorazione...
Vent'anni dopo RATATAPLAN, vivere senza parlare è un lusso che non ci possiamo più permettere e se siamo proprio obbligati a parlare non si può non parlare inglese!