NERO INFINITO - Un killer, due poliziotti, una scrittrice
A meno che non si abbia il genio di
Quentin Tarantino, dai B-movie italiani degli anni 60-70 è meglio prendere solo qualche spunto. Il remake, la citazione, lo stile, l'ispirazione non funzionano, perché già quei film funzionavano poco allora, con tutta la forza di un cinema professionale, vivo e creativo, immaginiamo oggi, dove di idee ne girano veramente pochissime.
Ed è proprio la trasformazione di un'idea, di una comprensibile voglia di fare cinema, in una sceneggiatura degna di questo nome che crea il primo ostacolo quasi insormontabile. Scrivere una storia di ferro è fondamentale, specie in un
giallo, thriller, horror, perché nulla deve essere lasciato al caso. Perché di
serial killer, di poliziotti al limite, di belle ragazze rapite, torturate e uccise, di scrittrici maledette, di cinici imprenditori, ne abbiamo visti a dozzine, al cinema e in tv (dove ultimamente qualità e quantità sono decisamente cresciute...). E dunque proporre la solita storia, con i soliti personaggi, il tutto condito dalla continua ricerca della citazione, del remake, della strizzata d'occhio, dell'amarcord del "buon vecchio cinema italiano" è quantomeno un errore in partenza.
In "
Nero infinito" non c'è azione, non c'è suspance, non c'è un momento di paura o di orrore; o meglio c'è, ma realizzato in maniera talmente approssimativa da essere inconsistente. Sembra che tutto sia stato faxato il giorno prima allo spettatore, che fa tana al temuto killer di belle ragazze già alla seconda scena in cui appare.
La sensazione è che nessun aspetto di "
Nero infinito" sia stato realizzato con attenzione, compresa la preparazione dei personaggi, i rapporti tra loro e di conseguenza la scelta degli attori e la loro interpretazione.
La voglia di fare cinema è spesso così grande da far dimenticare quegli aspetti meno divertenti che sono però l'ossatura per la riuscita di un buon film.
16/05/2013, 11:31
Stefano Amadio