DANIELE VICARI - Il documentario vince perchè è libero
Giunto alla 31a edizione del Bellaria Film Festival per ritirare il premio speciale 'Casa Rossa alla Carriera' assegnato dal comitato di direzione del festival perchè "
tra documentario e finzione ha saputo raccontare negli anni, con arguzia e grande senso critico, la nostra società, la nostra storia, il nostro Paese", il regista
Daniele Vicari ha parlato dello stato attuale del documentario, delle potenzialità del web e dei progetti recenti e futuri.
Eri già stato a Bellaria, in concorso, con "Velocità massima" e "Il mio Paese". Che impressione hai avuto tornandoci per questa speciale occasione?
Mi sembra che sia molto vitale e c'è un bel ritrovato rapporto con il pubblico, cosa molto importante per un festival, che non può certo essere referenziale. Trovo la selezione dei film in concorso molto bella, ci sono film di grande qualità, e il fatto di non aver messo la limitazione dell'anteprima ha giovato al festival.
"La nave dolce", proiettata fuori concorso, è solo l'ultimo di una lunga serie di documentari che hai diretto. Il cinema del reale trionfa però nei festival, ma non riesce a raggiungere le sale e il grande pubblico. Come te lo spieghi?
Perchè non c'è stato ancora un caso metanolo. Alcuni anni fa ci fu quel caso che ha shokkato tutti e l'universo del vino ne ha risentito in maniera terrificante. Poi in seguito sono nate delle produzioni di qualità che ora sono esportate in tutto il mondo. Forse al nostro cinema servirebbe qualcosa di simile, perchè non abbiamo ancora messo a fuoco quanto sia importante la produzione documentaristica. Questo non vuol dire che dobbiamo smettere di fare film di finzione, che io amo moltissimo, ma che dobbiamo dare importanza a quella parte di cinematografia italiana che sta cambiando dal di dentro la natura stessa del cinema. I film documentari sono di grandissima qualità e interesse, perchè sono frutto di una grande libertà espressiva e di pensiero di cui il cinema ha bisogno.
Sei stato tra i primi a capire le potenzialità del web rispetto al documentario, lanciando nel 2008 il progetto aperto "Il mio Paese 2.0". A distanza di cinque anni ne sei ancora convinto?
Il cosiddetto web è un territorio sconfinato dentro al quale le possibilità sono infinite, ma non c'è altrettanto dubbio che la formazione degli individui non è acqua. Lo dico perchè anche la cosa più sublime può diventare un incubo se si utilizza male, vedi l'energia atomica con cui si possono fare le bombe o curare il cancro. Il web da questo punto di vista non ha ancora trovato la propria specificità e forse non la troverà mai, ma non c'è dubbio che apre molte possibilità per un cinema che non trova spazio nei canali ufficiali. C'è un problema, che i film anche quando sono a bassissimo costo hanno un costo, quindi bisognerebbe capire come ammortizzare questo costo e far si che chi fa cinema possa viverci e continuare a farlo, altrimenti si fa solo un film nella vita e si finisce lì.
In questo momento "Diaz" concorre ai David di Donatello con tredici nominations. Un film che il governo ha prima finanziato attraverso il MiBAC, per poi quasi prenderne le distanze con una circolare del Ministero dell'Interno che vietava ai poliziotti di intervenire pubblicamente sull'argomento senza un'autorizzazione rilasciata dal dipartimento di Pubblica sicurezza. Che idea ti sei fatto in merito?
Il finanziamento del MiBAC è intervenuto durante la lavorazione del film, e sono molto contento che "Diaz" l'abbia avuto anche se con ritardo e anche se per un ventesimo del costo. E' però un segnale importante che dice che le nostre istituzioni non sono completamente refrattarie e indifferenti a ciò che si muove nella società. D'altra parte come non mi ha sorpreso che il MiBAC abbia fatto il proprio mestiere, riconoscendo il film di interesse nazionale, perchè lo è e sarebbe stato uno scandalo l'opposto, non mi sorprende il fatto che ci siano delle componenti nei nostri corpi dello Stato che sono insofferenti nei confronti della democrazia. E' chiaro e sotto gli occhi di tutti, quella circolare è segno di questa insofferenza, tanto che i poliziotti stessi si sono ribellati e alcuni mi hanno invitato a Bologna a fare un dibattito con loro su quel documento. Vuol dire che la polizia italiana, come lo stato, non è un monolite. Diciamo che ci sono delle componenti molto politicizzate e molto strutturate all'interno dei corpi dello Stato che invece di fare il proprio mestiere fanno attività politica.
Dopo il simultaneo successo di "Diaz" e "La nave dolce", a cosa stai lavorando?
Sto scrivendo una sceneggiatura tratta dal romanzo "Limbo" di Melania Mazzucco. E' un libro che ho amato molto e sto aspettando di trovare la chiave giusta per portarlo sul grande schermo. Penso comunque che ci vorrà ancora del tempo.
01/06/2013, 18:27
Antonio Capellupo