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Note di regia di "Nella colonia penale"


Note di regia di
Il racconto Nella colonia penale, scritto nel 1914 durante la stesura de Il processo, rappresenta una tra le più significative testimonianze “brevi” dell’opera di Kafka. Ad una prima lettura il racconto potrebbe sembrare semplicemente la denuncia di un criterio di giustizia antiquato, a parte la previsione di un futuro mostruoso e di un secolo agghiacciante e sciagurato. Ma altre simbologie si annidano nel sostrato della narrazione, in modo particolare nel campo religioso e filosofico, nel salto assoluto nella voragine della fede che tutto giustifica, proposto dal “sacrificio” del protagonista, l’ufficiale devoto alla causa del comandante defunto. La dominante dell’onirico, della “visione”, senza condizionare la corposità del reale, anticipa Il processo e Il castello, e propone alcuni temi fondamentali, come quello della giustizia e della fede, o l’allusione profetica ai campi di sterminio degli anni futuri.

Il film, pur rimanendo fedele al testo nella sua sostanza problematica, apporterà innovazioni di una certa importanza dal punto di vista narrativo. La vicenda sarà collocata in una landa desolata, un ambiente arcaico con edifici logori e disadorni, soffitti bassi e incombenti o altissimi e misteriosi, arredamenti talora compositi. L’illuminazione sarà contrastata, di tipo espressionista, con candele e lanterne. La macchina infernale per le esecuzioni capitali, in questa versione, sarà una specie di mulino alimentato dalle acque del Po. I personaggi vestiranno costumi vagamente contadini, di un’epoca imprecisata, e costumi militari o borghesi di ispirazione mitteleuropea, ma sempre in generale fuori del tempo.

Un peso più sostanzioso sarà attribuito ai personaggi dell’esploratore – che forse si identifica con lo stesso Kafka – e a quello del nuovo comandante, mentre la figura del vecchio comandante sarà espressa solo per brevi cenni visivi, assorto in in una lontananza remota, una cifra misteriosa e ambigua, inquadrato dall’alto di spalle, come si potrebbe “immaginare” il personaggio di Klamm in Il castello. L’esploratore, una sorta di misterioso monaco visitatore, apparirà tra le nebbie nelle acque del Po, su una barca rudimentale guidata da una specie di Caronte che emerge dagli inferi, e alla fine scomparirà nello stesso modo misterioso, lasciando sulla riva il soldato e il condannato che si inseguono con giochi infantili.

La trasposizione cinematografica del racconto sarà risolta in sequenze dilatate, talora “interrotte”, senza risoluzione, che esprimano dall’interno la tensione creativa dello scrittore praghese.

Luigi Di Gianni